Introduzione
Mi
è capitato spesso, discutendo con i difensori della decrescita
di ritrovarmi a fare un intervista direttiva, che porta dritto allo
sviluppo delle teorie del socialismo scientifico. È senz'altro per
questo motivo che ho preso al balzo l'occasione postami da Met e
stendere un documento al riguardo. Il concetto di decrescita è
apparso da qualche anno e non è ancora definito unanimemente a
livello scientifico-accademico. Spesso politici avventuristi se ne
servono in modo populistico, senza spiegarne chiaramente le
fondamenta, gli obiettivi e i metodi.
Il
teorico del movimento della decrescita, Serge Latouche, si proclama
un "marxista" non leninista. Non ha mai sostenuto nessuna
esperienza socialista e in particolare si oppone alle tesi
sull'imperialismo di Lenin. Tali posizioni rendono evidente ad ogni
comunista che Latouche è un pozzo d'ignoranza in quanto a marxismo.
Tuttavia, molti anche tra i comunisti si sono interessati a questo
concetto, tant'è che qualcuno lo ha pure introdotto nel partito.
Ricordo
che il nostro partito ha aderito a questo concetto, contro il mio
parere, con la mozione del compagno Davide Rossi al XX Congresso. Mi
permetto di dire che la discussione sul tema è stata molto
superficiale. Con questo documento rilancio il dibattito, di modo a
poter approfondire la questione e riaprire – a tempo da determinare
- la discussione formale interna al partito.
Ritengo
questa discussione essenziale su vari punti, sia rispetto allo
sviluppo del socialismo e del movimento reale, che alle questioni
chiamate “ecologiche” o “ambientali”, ossia l'idea che
l'essere umano fa parte della natura. Sempre più gente si trova
d'accordo con il principio che preservare la natura significa
riuscire a vivere in armonia con essa. La discussione rimane però
aperta su quali risposte precise bisogna dare al problema dello
sfruttamento del pianeta da parte dell'essere umano. Che fare
rispetto al prosciugamento delle risorse della Terra, che mette in
pericolo la capacità stessa della natura a rigenerarsi?
Avere
una risposta precisa ad una domanda del genere sarebbe alquanto
presuntuoso. Latouche ha buttato li un'idea, ma se andiamo a
studiarla da vicino, si capirà come alcune conclusioni che tira sono
“accettabili”, ma non hanno nulla d'innovativo. Mentre la maggior
parte sono semplicemente un ammasso confuso di concetti denaturati
tra la sociologia borghese, un'economia politica molto rudimentale ed
una filosofia “materialista” poco coerente.
Doverosa
una contestualizzazione
Da
qualche anno, tanti militanti della sinistra hanno adottato l’ideale
della decrescita come nuovo obiettivo politico per le società
"avanzate". Altri militanti, tra i quali qualche comunista,
riprendono soltanto alcuni argomenti o frammenti della teoria della
decrescita per integrarli a teorie già consolidate, tentando di
rispondere in primo luogo al problema del degrado ambientale. Per
quel che mi riguarda, non sono per nulla impressionato da chissà
quale grande novità portata avanti dai sostenitori della teoria
della decrescita.
Viviamo
in un contesto estremamente difficile da oggettivare, ma è indubbio
che la fase negativa, di reazione, è sempre più percepibile. La
crisi profonda che tocca ormai anche i paesi a capitalismo avanzato,
sia a livello economico che sociale, ambientale e culturale, è
sempre più evidente agli occhi di tutti. A volte mascherata e altre
volte amplificata dai media, la crisi porta ogni giorno più persone
a cercare delle risposte ai grandi problemi del nostro tempo, al di
fuori dei dogmi voluti dal pensiero unico, imposto dai grandi
monopoli. Le risposte sono però frammentarie e imprecise, non esiste
un movimento “nuovo” che sappia oggi descrivere ed interpretare
esaustivamente la nostra epoca.
Quale
comunista, sono assolutamente convinto che gli strumenti del
marxismo-leninismo, supportati da tutte le tecniche di ricerca
scientifiche e adeguati alle nuove dimensioni sociali che si sono
create con lo sviluppo delle forze produttive, sono ancora oggi di
gran lunga i più validi per capire il nostro mondo. Purtroppo però,
lo studio del marxismo e ancora di più lo studio del leninismo e
della storia del movimento comunista, stanno cadendo in disuso, anche
tra molti che rivendicano l'etichetta comunista.
A
sinistra sono nati tutta una serie di movimenti, che hanno preso le
distanze dal movimento operaio e non riconoscono più il conflitto
capitale-lavoro come la contraddizione primaria e irriducibile della
società capitalista. Tra queste si è fatto strada il concetto di
decrescita. La società consumistica decadente, che invade le nostre
vite di pubblicità, cemento, prodotti inutili, ecc. porta molte
persone ad avvicinarsi alle teorie della decrescita. Queste teorie
molto superficiali, fondamentalmente si oppongono all’idea che le
società occidentali abbiano ancora bisogno di crescere in termini
economici e che sia necessario cambiare radicalmente il modo di
consumare e di vivere.
Meno
PIL per tutti! - questione economica
La
prima contraddizione che si constata nella teoria della decrescita è
la maniera in cui si oppongono concetti che non sono comparabili. La
teoria della decrescita parte dall'idea che la crescita economica
(aumento del PIL) sta distruggendo le società occidentali. Prima di
tutto vorrei sottolineare come la distruzione si sia accelerata dal
momento che c'è stata una "decrescita" del PIL. Nel 2009,
quando in Svizzera e nella maggior parte dei paesi a capitalismo
avanzato, si è toccato il picco più forte della crisi (per ora),
migliaia e milioni di posti di lavoro sono andati persi, sono stati
fatti tagli un po' dappertutto alle prestazioni sociali,
alleggerimenti fiscali per la borghesia, aumento delle tasse
indirette, ossia un impoverimento generale della popolazione e in
particolare dei ceti popolari. Oso sperare che nessun sostenitore
della decrescita possa approvare effetti di questo tipo. Credere che
dal momento che il PIL diminuisce le cose vadano "meglio" è
pura fantasia. Con i profitti che i capitalisti hanno fatto
intensificando lo sfruttamento dei lavoratori, ora potranno
rilanciare la crescita ancora più di prima, vedi il tasso di
crescita della Germania nel 2010, che supera il 3.7%, cifre mai
viste da quasi 20 anni.
Il
PIL è uno strumento economico che può anche essere utile per capire
come si sviluppa il commercio o la produzione in un paese e il fatto
che cresca o no, non è per forza indizio di benessere per tutti.
A
questo punto del ragionamento, in genere, i difensori della
decrescita spesso affermano che non si tratta di una decrescita del
PIL, ma una decrescita dei consumi. Ora, c'è un sacco di gente su
questa terra, anche in Europa, i cui bisogni attuali non hanno
risposta e quindi i loro consumi hanno bisogno di essere aumentati,
questo è un punto su cui noi comunisti dobbiamo assolutamente essere
coscienti e intransigenti.
Inoltre,
i difensori della decrescita invalidano loro stessi il loro
argomento, affermando che non si tratta di vedere cosa fa il PIL, mai
di diminuire i consumi. Il problema è che se i consumi scendono
anche il PIL scenderà. Ora non si tratta di diminuire i consumi, ma
di cambiarli qualitativamente. Da comunisti, quando qualcuno ci
propone una cosa del genere dovremmo dirgli : “ma tu hai mai
sentito parlare di Karl Marx, un tedesco che ha scritto delle cose
interessanti sull'economia? magari ci trovi qualche appiglio per la
tua teoria”.
Tra
le altre cose si potrebbe imparare che, in una società capitalista,
quando i consumi diminuiscono, mentre la produzione cresce (perché
nelle economia capitalista nessuno può dire al padrone di smettere a
produrre, se non uno sciopero degli operai) si arriverà per forza ad
una crisi di sovrapproduzione.
Tra
estremismo ecologista e riformismo verde – questione politica
A
livello politico, lo stato attuale della teoria della decrescita è
più uno slogan che un reale strumento destinato all’analisi e alla
prassi. I sostenitori della decrescita promettono un mondo incantato,
fatto di pace e armonia, senza però tenere da conto che per
arrivarci bisogna scontrarsi con il gran capitale. Avanzare proposte
radicali, senza però tenere da conto le condizioni oggettive nelle
quali certe rivendicazioni vengono avanzate, è quello che i
comunisti definiscono estremismo. I comunisti ritengono che una
soluzione radicale ai problemi ambientali, non possa essere sostenuta
senza essere coscienti che il primo ostacolo da superare è il
sistema capitalista.
Solo
con il superamento del sistema di produzione ed accumulazione
capitalista si potranno risolvere i problemi ecologici.
La
risoluzione di un problema creato dal sistema di produzione,
sostenuto dal sistema politico e ormai penetrato nel sistema
culturale, lo si può combattere seriamente solamente rimettendo in
discussione tutta la struttura della società capitalista,
organizzando le classi subalterne, antagoniste alla borghesia
monopolista, di modo a poter affrontare lo strapotere del gran
capitale con i mezzi necessari per vincere la battaglia. Detto
altrimenti : la dittatura del proletariato è sicuramente più
sensibile ed efficace nella risoluzione dei problemi ecologici che
non la dittatura dei padroni.
Vista
l'impossibilità per i decrescisti di attuare il loro immaginario,
quasi sempre retrocedono a rivendicazioni di stampo assolutamente
riformista. Senza cercare d'incidere realmente su ciò che causa il
maggior impatto ambientale : la produzione industriale e il trasporto
di merci e di persone. Ad ogni modo è assolutamente fattibile
sostenere proposte riformatrici in ambito ecologico, e per farlo non
è assolutamente necessario sbandierare un nuovo concetto che non ci
serve. Al contrario, mi pare molto più semplice rivendicare dei
piani industriali che tengano conto del impatto ambientale oppure la
gratuità e il potenziamento del trasporto pubblico collettivo.
Blaterare
di quanto sarebbe bello... o agire – questione organizzativa
Il
movimento della decrescita è quasi impercettibile, l'influenza di
questo movimento è sicuramente tendenziale a zero. Se questo non
invalida per forza il nucleo della teoria, mostra già i grossi
limiti nel trovare sbocchi concreti per sviluppare delle lotte che
favoriscano la presa di coscienza. Su questo piano organizzativo la
decrescita è ferma allo spontaneismo ed al volontarismo, e non
considerando minimamente la questione di classe, ne le dimensioni
politiche del problema.
In
effetti nonostante il sincero impegno della maggior parte delle
persone impegnate nella decrescita, come comunisti dobbiamo
saper analizzare con maggior profondità. Come si fa a cambiare
modello di vita ad un paese intero, senza trasformare le basi
materiali del sistema economico-politico-sociale?
I
comunisti sono materialisti, ciò significa che non si basano su
delle percezioni ideali del mondo, ma considerano le osservazioni
scientifiche della materia come base di partenza. Ora, più
concretamente, come può un lavoratore dipendente, quindi con pochi
margini di manovra finanziari e di tempo, senza diritti democratici
sul luogo di lavoro, seguire le utopie della decrescita e cambiare
stile di vita? Senza liberare la maggioranza della popolazione, che
subisce l'oppressione del lavoro salariato, passando quindi per il
cambiamento di tutta la società nel suo insieme, per arrivare ad un
sistema economico pianificato, non si potrà pretendere risolvere i
problemi della società borghese decadente, tanto meno quelli
ecologici.
Per
i proletari, ossia la maggioranza della popolazione attiva in
Svizzera, non è possibile scegliere di cambiare completamente vita.
Le incertezze e le insicurezze date dalla non possessione di
capitale, dalla dipendenza dal posto di lavoro, rendono molto
limitate le possibilità di scelta dei lavoratori e delle
lavoratrici.
L'attitudine
che i comunisti devono avere verso la teoria della decrescita è una
critica costruttiva, diffondendo le conoscenze del movimento
comunista sui sistemi di produzione.