venerdì 22 novembre 2013

Solidarietà ai lavoratori della « Scintilla »


Il Partito Svizzero del Lavoro solidarizza con tutti i lavoratori dell'impresa "Scintilla" di proprietà di Bosch SA, e li invita a promuovere azioni sindacali di lotta, compreso lo sciopero, per contrastare la decisione della direzione del gruppo di delocalizzare lo stabilimento. La multinazionale tedesca, nel 2012, ha ottenuto 2.3 miliardi di euro di utili, è certo che in Svizzera beneficia del segreto bancario e può salvaguardarne una buona parte in barba ai funzionari del fisco tedesco. Nessuna giustificazione può essere avanzata per ridurre gli effettivi nel sito di Zuchwil. 
Al contrario, grazie al duro lavoro effettuato dai 625 lavoratori di "Scintilla", i prodotti Bosch sono venduti in tutto il mondo. La ricompensa minima avrebbe dovuto essere l'introduzione di un prepensionamento a 60 anni e l'aumento a 6 settimane le vacanze all'anno. Il fondatore del gruppo, che già all'inizio del XX secolo aveva introdotto la giornata di 8 ore, aveva un motto "meglio perdere denaro che la fiducia altrui", con certezza oggi non ha più alcun valore. 
Ancora una volta il Partito Svizzero del Lavoro constata che ai lavoratori non resta che rompere la "pace del lavoro" per difendere i loro interessi. Il padronato si fa sempre più arrogante e per qualche virgola di profitto è disposto a mettere alla porta centinaia di lavoratori, che non hanno nessun diritto democratico a questo livello degli "affari". Di fronte questa nuova prova della mancanza di libertà per i più deboli, la nostra proposta di cambiamento politico dove saranno i lavoratori i direttori d'orchestra e la proprietà delle imprese sarà della collettività, ci sembra sempre più d'attualità.


 
Comitato Direttore del Partito Svizzero del Lavoro

venerdì 8 novembre 2013

Di fronte alla crisi : militiamo per un forte Partito Comunista in Svizzera e lottiamo per i diritti, il lavoro, il servizio pubblico e la democrazia

Situazione nel Paese.
La Svizzera è un bel paese, ma non ha niente di fondamentalmente diverso da qualsiasi paese dominato dal capitalismo monopolista e finanziario. Basti specificare lo strapotere del settore finanziario (a partire dai due colossi UBS e Credit Suisse che hanno una cifra d'affari superiore alla spesa dello Stato) e l'accettazione della “concordanza” da parte delle principali forze politiche e della “pace del lavoro” da parte di quasi tutti i sindacati. Od ogni modo, da 150 anni i governi cantonali e il Governo federale conducono delle politiche anti-popolari e da circa 20 anni con più vigore. Dal 2003, con l'entrata in vigore degli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione Europea, la situazione ha iniziato a precipitare. Il livellamento del diritto svizzero sulla base del diritto comunitario, in ogni ambito, ha dato slancio ad un pesante attacco padronale che si riassume così:
  • Il lavoro è sempre più precario, sempre meno pagato per un orario sempre più flessibile, con costanti peggioramenti sulla salute dei lavoratori e le lavoratrici, sia nel pubblico che nel privato. La “pace del lavoro” persiste nonostante gli abusi padronali sono onnipresenti ed il lavoro nero è in crescita. Se tra i criminali fossero contabilizzati anche coloro che violano le disposizioni legali e contrattuali sul lavoro, vi sarebbe un esplosione della criminalità degli Svizzeri (imprenditori), alla faccia di chi vuole mettere in croce i migranti.
  • I lavoratori e le lavoratrici hanno assistito quasi inermi ai piani machiavellici della borghesia che in pochi anni ha ridotto drasticamente i diritti sociali. Le assicurazioni sociali sono state in parte già smantellate, per volontà dei partiti borghesi che con l'appoggio del PS preparano già i prossimi tagli, dopo lunghe lotte del movimento operaio per conquistare dei diritti minimi. In particolare la LADI, l'AI, L'AVS, il secondo pilastro sono state duramente colpite.
  • I servizi pubblici sono smantellati uno dopo l'altro: la Posta chiude gli uffici postali ed addotta una conduzione aziendale di stampo privato e i mezzi di trasporto pubblico hanno prezzi sempre più esorbitanti e non soddisfano le esigenze di mobilità. La telefonia la diffusione di internet sono state privatizzate anni fa, provocando una forte speculazione controllata da un cartello di tre aziende con capitale a maggioranza privato.
  • Il diritto umano della sanità gratuita per tutti non è nemmeno sul tavolo di discussione e le casse malati private stanno derubando gli assicurati a suon di miliardi di franchi. Ogni centesimo di profitto delle casse malati è un furto nei confronti di tutta la popolazione svizzera. Nessuno osa chiedere la nazionalizzazione di tutto il sistema sanitario, sia quello medico che quello assicurativo, per cui i monopoli della finanza e del settore farmaceutico continuano a massimizzare i profitti sulla salute di tutti e tutte.
  • L'alloggio è il culmine del paradosso : negli ultimi anni sono stati costruiti un numero record di alloggi, ma la bolla immobiliare ha portato i prezzi e gli affitti alle stelle e nessuno fa niente. Spesso il costo dell'affitto per una famiglia dei ceti popolari rappresenta oltre il 50% delle entrate mensili. La prospettiva della proprietà di una casa è totalmente fittizia, con i prezzi attuali un appartamento modesto per una famiglia costa due volte il capitale di una buona cassa pensione.
  • La scuola è sempre più mercificata e al servizio degli interessi dell’economia privata già dalle scuole dell’obbligo, passando dalle scuole professionali, fino alle università ormai succubi delle multinazionali. Trasformata in un mercato delle conoscenze la scuola riproduce le élite necessarie al sistema con la creazione di scuole di serie A scuole di serie B,C... Z. Senza contare i disagi infrastrutturali dovuti ad un'edilizia scolastica in alcuni casi fatiscente e la mancanza di fondi stanziati per l'assunzione di maestri-e, docenti-e, professori e professoresse, educatori per offrire una formazione di qualità, se in paese povero come Cuba le classi sono in media di 16 alunni perché in Svizzera non ci sono le risorse?! Per sostenere le giovani famiglie e i loro figli è pure necessario migliorare le offerte di asili nido, mense e dopo-scuola durante tutto l'anno civile, come anche il sistema delle borse di studio, affiché tutti i giovani che lo desiderano possano scegliere la carriera universitaria.
  • Gli spazi culturali e sociali e sportivi sono sempre più inaccessibili dal punto di vista finanziario, i clienti diminuiscono perché i salari non bastano più per andare al bar, al cinema, a teatro, a fare un attività sportiva o a sentire un concerto. Inoltre la politica e le forze dell'ordine sono sempre più repressive nei confronti dell'aggregazione popolare.
  • La natura e il mondo agricolo sono sempre più schiacciati dall'egoismo capitalista, senza che venga riconosciuto il ruolo essenziale dei lavoratori del settore per la salvaguardia del territorio e per la produzione di alimenti. La liberalizzazione del mercato, imposta dagli accordi con l'Ue, ha rafforzato a dismisura la concorrenza con i prodotti agricoli dell'Ue, di conseguenza vi è una caduta dei prezzi su scala continentale. Alle aziende agricole svizzere si chiede di raggiungere la sovranità alimentare del paese, ma a causa del potere dei gandi distributori nel fissare (abbassare) i prezzi, si sono fortemente impoverite e non riescono nemmeno a ricavare il necessario per i contadini e per pagare dei salari dignitosi agli operai agricoli. Nel settore spesso si lavorano oltre 50 ore alla settimana, per 2'000 - 3'000 fr al mese. Di fronte ad una crisi di tali proporzioni i contadini più piccoli si fanno invogliare a vendere i terrei agli speculatori immobiliari o ai contadini più grossi che stanno costruendo delle aziende monopoliste.
  • Le donne, che hanno ottenuto il diritto di voto solo nel 1971, sono ancora fortemente discriminate, nonostante l'uguaglianza nei diritti e la parità salariale siano previste dalla legge. Lo scarto salariale tra uomini e donne a pari condizioni e capacità è ancora attorno al 20%, il congedo maternità di 14 settimane è quantomeno ridicolo e il diritto ad abortire è messo in discussione, sebbene sia noto a tutti che nessuna donna interrompe volentieri una gravidanza. La società del consumo, fatta di pubblicità e bisogni effimeri, assieme alla chiesa sono due importanti vettori del patriarcato che vuole delle donne sottomesse agli uomini e superficiali, dove solo l'apparenza è un fattore che le valorizza. A casa sono ancora troppo spesso solo le donne ad occuparsi delle faccende, anche quando hanno un lavoro salariato, provocando la realtà della doppia giornata di lavoro.
  • A causa di Udc e Lega le politiche “anti-stranieri” e securitarie sono state fortemente rafforzate, spostando a destra tutto l'asse politico. La deriva securitaria è arrivata ad imporre la video-sorveglianza quasi ovunque, la schedatura dei cittadini con i dati biometrici, un inasprimento delle limitazioni alle manifestazioni popolari, cancellando ogni rimasuglio di una democrazia liberale che si pretende tale. Gli immigrati sono ancora sprovvisti di molti diritti, a partire da quello di voto, che esclude dalla “democrazia” anche chi è nato e cresciuto in Svizzera, ma non ha fatto la complessa e costosa domanda di naturalizzazione.
Di fronte all'incapacità di risolvere i problemi centrali della maggioranza della popolazione i politici di destra (UDC, PLRT, PPD, Lega) con la partecipazione del PS e dei Verdi, hanno oltretutto aumentato in continuazione le tasse al consumo che tutti devono pagare allo Stato (aumento dell'IVA, tassa sul CO2, tassa sui rifiuti, il bollo dell'autostrada, tassa sul tabacco e l'alcool, ecc.), causando un ulteriore impoverimento dei ceti popolari. Il Partito Comunista ribadisce che i problemi di finanze dello Stato borghese non si risolvono evitando di tassare i ricchi, e tagliando sui miseri diritti dei ceti popolari, ma introducendo una “Tassa dei milionari”, allo scopo di ridistribuire la ricchezza sempre più concentrata in poche mani e far si che sia chi comanda lo Stato a pagare i debiti causati dalla crisi del capitalismo.
Ai grandi monopoli e ai ricchi finanzieri invece sono ancora concessi enormi regali fiscali con sistemi criminali che nessuno nasconde, anzi la destra si vanta di aver creato un grande paradiso fiscale dove vige il “segreto bancario”. Alla maggioranza del popolo del nostro paese però il “segreto bancario” porta solo sacrifici e rinunce, in cambio di false promesse. Un sistema fondato sulla protezione di capitali che sfuggono al fisco dei legittimi paesi non solo è immorale e ingiusto, ma è destinato sprofondare nel profondo rosso quando il settore finanziario occidentale conoscerà altri inevitabili scossoni. La forza lavoro svizzera ha di meglio da offrire che conti “off-shore” che mettono in ginocchio gli Stati di mezzo mondo.
Ad ogni modo, la Svizzera non sarà un'isola felice (ammettendo che ora lo sia) per sempre, la crisi si rafforza anche nel nostro ricco paese. Di fronte alle tragedie di molti paesi d'Europa dove i ceti popolari sono ritornati alla miseria privi dei più elementari diritti, la sinistra deve avere un programma di cambiamento rivoluzionario ben studiato. L'opposizione va fatta al Consiglio Federale e ai partiti che vi sono rappresentati, perché sono loro che ci governano, ma non basta! Bisogna opporsi a tutto il sistema corporativo, consociativo, corrotto che è diretto dagli imprenditori, i politici e dagli alti funzionari dall'amministrazione pubblica.

Cosa facciamo?
Il Partito Svizzero del Lavoro, dal 2008 è di fronte al difficile esercizio di scrivere un programma politico dei comunisti in Svizzera. L'obiettivo è di elaborare la strategia che conduca alla costruzione di un movimento popolare per “una nuova società socialista”. Molte divergenze esistono ancora, anche se la discussione è costruttiva e l'elezione di un nuovo Comitato Direttore al XXI Congresso potrà dare maggiore impulso al processo.
Dal Ticino intendiamo contribuire alla riflessione, affinché si possa presto essere un partito efficace nella lotta di classe su tutto il territorio nazionale, vale a dire costruire un forte partito comunista in tutta la Svizzera. Per arrivarci bisogna raggiungere un'ampia condivisione dei principi del marxismo-leninismo e del modo in cui si interpretano e si applicano rispetto alla realtà nel nostro paese in questo inizio secolo. Il Partito Comunista apre la discussione a tutti i comunisti, dentro e fuori il PSdL, con l'obiettivo di unire le forze di chi lotta per la rivoluzione socialista.
Il Partito Comunista non rimane rinchiuso su se stesso in attesa del nuovo programma, ma interpreta il pensiero di Marx e Engels secondo le esperienze storiche del movimento comunista internazionale, per portare le buone soluzioni politiche, economiche e sociali ai ceti popolari in Svizzera. Le altre fonti di ispirazione sorgono in primo luogo dalle preoccupazioni che esprimono i ceti popolari.
A sinistra bisogna smetterla di fare discussioni infinite nelle innumerevoli commissioni per il dialogo tra interessi antagonisti o per l'unità della sinistra nella forma senza i contenuti. Iniziamo, prima di tutto, a discutere degli interessi dei ceti popolari sui luoghi di lavoro, nei quartieri, nelle valli, nelle scuole e nelle osterie.
Le forze fedeli alla causa dei ceti popolari devono esprimere le proprie opinioni non solo sui social-network o sui blog e nemmeno sui giornali basta, bisogna occupare lo spazio pubblico, organizzare momenti di lotta per mostrare che siamo tanti a pensarla diversamente. Quali comunisti bisogna saper solidarizzare con le proteste popolari organizzate dalle forze sociali ed evidenziare le giuste mosse per continuare le battaglie, partecipando attivamente alle lotte sul territorio. Tuttavia il nostro obiettivo è la realizzazione di azioni coordinate che denuncino i responsabili dello sfruttamento dei ceti popolari e tutto il sistema dittatoriale del capitale, per poi unire queste esperienze di lotta in un movimento popolare ampio, affinché il vero cambio politico sia possibile.
Con i contraccolpi che si prospettano nei prossimi mesi e nei prossimi anni al seguito del rafforzarsi della crisi, urge intensificare le lotte. Non basta scendere in piazza una volta ogni tanto, bisogna ricominciare a costruire delle stagioni di lotta sul territorio per promuovere gli interessi dei ceti popolari in tutti gli ambiti. Negli ultimi anni il Partito Comunista ha dato la priorità all'organizzare i giovani riuscendo ad unire numerosi militanti, continuando il buon lavoro, bisogna ora radicare il partito tra tutti i ceti popolari. In quest'ottica vi è la necessità rafforzare i legami tra il Partito Comunista e la classe operaia, in particolare l'avanguardia connessa alle lotte sindacali, favorendo lo sviluppo di un fronte sindacale di classe.
Il fronte sindacale di classe segue un metodo che evolve in funzione dello sviluppo delle lotte sindacali sul territorio, non solo in funzione di ciò che fanno i sindacalisti, anzi soprattutto per il rapido susseguirsi di attacchi padronali, contro i quali occorre sostenere piccole e grandi lotte. Il sindacato è chiamato a solidarizzare con esse per guadagnare la fiducia dei lavoratori, per cui il fronte sindacale di classe sostiene una strategia generale per un cambiamento politico, ma necessita d'indipendenza organizzativa e tattica. 

Il principio su cui si fonda un fronte sindacale di classe, in lotta contro il capitalismo, è quello della difesa degli interessi di tutti i lavoratori e le lavoratrici prima di preoccuparsi dell'interesse nazionale borghese, al contrario di quello che fanno i sindacati di sistema (sindacati CES – USS e Travail Suisse). In pratica occorre sviluppare una vasta rete di esperienze e conoscenze sulla maniera di organizzare la lotta per i propri diritti e per un futuro migliore per i ceti popolari. Da queste esperienze i comunisti devono trarre le giuste conclusioni per il proseguo del cammino verso la rivoluzione e il socialismo. 

Cosa vogliamo?
Le emergenze politiche, economiche e sociali sono tante, per cui lottiamo per:
  • l'indipendenza della Svizzera dall'Ue.
  • un nuovo codice dei diritti dei lavoratori e le lavoratrici.
  • un nuovo sistema di previdenza sociale nazionale che comprenda : una AVS rafforzata a scapito del secondo pilastro; una cassa malati pubblica e sociale; ed in generale la garanzia di un reddito per chi non può lavorare.
  • rafforzare i servizi pubblici (FFS e Posta) e nazionalizzare, il sistema bancario, la telefonia, il sistema sanitario e l'energia.
  • una scuola democratica, laica, capace di offire ad ognugno una buona formazione.
  • pianificare degli investimenti della collettività per delle abitazioni popolari.
  • combattere la discriminazione delle donne e arrivare ad una vera uguaglianza.
  • sostenere la cultura, l'arte e lo sport popolari
  • per un'agricoltura che possa concretamente rafforzarsi e svolgere il suo ruolo di protezione della natura e di produzione di alimenti per tutto il paese.
  • l'accoglienza delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie a pari diritti degli Svizzeri
  • fermare i maltrattamenti riservati ai migranti.
Non ci limitiamo all'opposizione, se diciamo basta alle politiche padronali e di destra è perché rivendichiamo una politica nuova dove si ridefiniscano i rapporti sociali in favore dei lavoratori e le lavoratrici e dei ceti popolari.
Vogliamo lottare fino in fondo per un cambiamento di politica, frutto di un movimento popolare, fedele ai principi dell'unità e la solidarietà tra tutti i lavoratori e la pace tra i popoli di tutto il mondo. La lotta si fa contro il capitalismo e la classe dei ricchi reazionari imperialisti, i loro tirapiedi fascisti e il sistema statale che li rappresenta. Il cambiamento che vogliono i comunisti sta nel rivoluzionare i principi dello Stato e dell'economia, affinché non siano più quelli di una società capitalista, ma s’inizi a costruire il socialismo.
I principi fondamentali del socialismo, i quali vanno applicati in fase con lo stato di cose presenti, sono: l'instaurazione della dittatura del proletariato e della democrazia popolare, la collettivizzazione tendenziale di tutti i mezzi di produzione e delle terre, la pianificazione centralizzata dell'economia.
In altre parole i comunisti lottano per una società progressista dove la democrazia sarà completamente rivista, affinché ognuno abbia la possibilità di esprime la propria opinione su ciò che lo riguarda o è d'interesse comune, e dove nessuno può comprarsi i diritti o dei privilegi. È giunto il momento in cui chi lavora inizi a rivendicare non più migliori condizioni, ma di prendere in mano la direzione della produzione e della società, senza più azionisti, manager strapagati e politici borghesi. Solo così ognuno potrà dare secondo le proprie capacità, per avere ognuno secondo le proprie necessità, nonché riportare l'umanità in armonia con la natura.

mercoledì 2 ottobre 2013

Il Festival del Film di Locarno non è la Superleague

Quale cittadino di Locarno mi sono schierato con il Partito Comunista e i referendisti contro il Palazzo del Cinema. Sono convinto che il progetto andrà nell'interesse di pochi privati e basta! mentre non darà futuro al Festival e non riempirà la mancanza di spazi per l'aggregazione popolare e giovanile che attanaglia la città durante la stagione invernale, oltre che a costare milioni alla collettività.
Il progetto nasce perché un privato, proprietario del Cinestar di Lugano e leader nella promozione del cinema Hollywoodiano in Svizzera, decide di “regalare” 10 milioni per finanziare parte di un nuovo cinema a Locarno. Accettando le sue condizioni sul numero di sale e il modo d'utilizzo dello stabile, il Municipio e il Consiglio Comunale hanno appoggiato il progetto, invocando un sostegno al Festival del Film.
Il Palazzo del Cinema non è però all'altezza di quello che il nome fa sperare. Quanto proposto servirà a diffondere i film promossi dalle multinazionali del divertimento e non di certo ad incoraggiare i film dei registi emergenti della regione. Il Festival di Locarno è amato perché aperto sul mondo e offre una visione ampia del cinema. Non saranno tre nuove sale, che durante 11 mesi e due settimane all'anno proiettano film commerciali - che oltretutto faranno andare in crisi gli altri spazi dedicati al cinema - ad aiutare la “vacca sacra” locarnese. I problemi vanno però ben oltre il piano culturale.
Per la costruzione dello stabile : Locarno, i comuni limitrofi, gli enti turistici e il Cantone devono sborsare 22 milioni di Franchi, mentre la gestione dello spazio è lasciata ad una SA finanziata con soldi pubblici, gestita dal solito CdA degli amici degli amici, che darà in sub-appalto l'attività di proiezione ad un'altra SA completamente privata. I donatori sono già in prima fila per l'appalto, per cui gli incassi dei biglietti (16-20 franchi a persona) più quelli della ristorazione, ingrasseranno i signori del Cinestar. Un tornaconto non da poco che permette la massimizzazione dei profitti per il privato, mentre il cittadino paga due volte.
Tutto dovrebbe essere chiaro, se non fosse che alcuni invocano lo spauracchio annunciato dal maldestro Borradori di spostare l'evento a Lugano. Tralasciando il fatto che solo il Festival può decidere se spostarsi, credo che una democrazia non può cedere al ricatto “se non paghi il Palazzo del Cinema, non ti diamo più la licenza di fare il Festival” come succede in Superleague se non hai lo stadio.

giovedì 5 settembre 2013

Modifica della legge sul lavoro, oltre il danno anche la beffa

Come tanti, per lavoro, sono un consumatore di benzina, per cui circa una volta a settimana mi reco in un benzinaio dove posso rifornire il mio mezzo di carburante. Al momento di entrare nel negozietto per pagare, da oltre un mese, mi ritrovo di fronte la propaganda sfacciata dei commercianti che intendono sdoganare il lavoro 24 ore su 24 nel commercio al dettaglio.
Essendo di animo sindacalista ad ogni occasione ho recriminato con la commessa per conoscere se la sua opinione in merito alla modifica di legge. Spesso mi è stato detto che non sono a conoscenza delle proposte concrete nella modifica di legge e che la campagna esposta è un’esigenza voluta dalle direzioni delle catene di distribuzione della benzina.
In quelle occasioni dove ho potuto scambiare il mio punto di vista con le impiegate dei negozi è emerso come la stragrande maggioranza delle lavoratrici si oppongono al lavoro 24 ore su 24, non da ultimo per delle questioni di sicurezza.
Ora, che i datori di lavoro sostengono interessi contrapposti a quelli dei lavoratori non dovrebbe essere una novità, anche se nel nostro paese sono ancora molti quelli che credono alla favola della pace sociale. Tuttavia arrivare ad obbligare i propri dipendenti ad esporre una propaganda contro i loro stessi interessi è contrario al tanto caro diritto di esprimersi liberamente gli stessi borghesi adorano.
Il padronato dispone di risorse finanziare molto più elevate che i sindacati nel condurre la campagna referendaria, nonché una comoda maggioranza parlamentare, ma tutto questo non basta, bisogna addirittura umiliare le dipendenti imponendogli di esporre la propaganda che invita a peggiorare le loro condizioni di lavoro.
Quest’esempio dimostra ancora una volta che non tutti siamo uguali, c’è chi è proprietario e quindi può e chi lavora e quindi deve.


mercoledì 12 giugno 2013

Successo per la manifestazione operaia di Biasca


Chi crede nella lotta per la giustizia sociale può esprimere piena soddisfazione per il risveglio del movimento operaio nelle Tre Valli e il successo della manifestazione tenutasi a Biasca sabato 8 giugno. A sostegno dei manifestanti vi era anche una delegazione di solidarietà composta da vari militanti, studenti e operai che hanno tenuto alta la bandiera rossa con falce e martello!
L'appello del sindacato Unia per scendere in piazza è stato sostenuto da operai e movimenti politici di sinistra di tutto il cantone. Le ragioni per lottare non mancano, ma in generale come ricordato dal sindacato Unia, sia nel granito che nelle altre industrie in Ticino e in tutta la Svizzera, si deve puntare su prodotti di qualità e non sulla concorrenza al ribasso su prezzi e salari.
Chi lavora ha dei diritti che devono essere rispettati, come deve essere garantita la partecipazione dei lavoratori alle decisioni economiche che riguardano il futuro del paese. Al contrario politici di destra e imprenditori vanno a braccetto per svendere il nostro apparato produttivo e favorire l'importazione di merce dall'estero. Proprio nel settore del granito esistono esempi in cui dei comuni, per non fare nomi Chiasso per la pavimentare il Corso San Gottardo ed il centro città, dove si è preferito il granito trasportato dal sud-est asiatico ai prodotti locali.
Alla faccia della difesa degli interessi del nostro paese, ma forse è anche colpa dei proprietari delle cave e dei ricatti patriziali. Nel settore del granito i vari imprenditori e i patrizi di aristocratica memoria, non hanno saputo andare fino in fondo nel progetto prietra viva. Iniziativa che potrebbe diventare un vero marchio di qualità di una produzione Ticinese che vada a servire un utilizzo valorizzante della materia, ma deve essere sostenuta dai Comuni con l'acquisto dei terreni patriziali e lo sviluppo di un sistema di produzione gestito da operai e autorità pubbliche, affinché si punti su prodotti artigianali e edili di qualità.
Evidentemente chi sul piano industriale preferisce concentrarsi sull'abbattimento dei diritti, come avvenuto nel caso dell'AIGT che tenta di sottrarsi dal rispetto del CNM, mettendo in pericolo il diritto al prepensionamento a 60 anni, dimostra pochissima lungimiranza. Una soluzione, che difornte ad un accordo di libero scambio con la Repubblica Popolare Cinese da considerare ormai cosa fatta è di una miopia immane.
Una merce come il granito, di cui disponiamo a sufficienza, non può essere importata dall'altra parte del mondo, con uno spreco enorme di energia e perché costa meno! Invece in Ticino perdiamo anche i laboratori che trasformano il granito, due laboratori nel locarnese chiudono entro fine anno. Uno riaprirà in Italia o in Portogallo, dove il granito ticinese sarà lavorato con un consto della mano d'opera inferiore, grazie anche i cattivi accordi con l'Unione Europea che facilitano le delocalizzazioni.
Con queste premesse è evidente che il malcontento continuerà a crescere e che le mobilitazioni potranno anche essere più frequenti che in passato. In Svizzera manca un'organizzazione sindacale di classe, capace di mettere in discussione il modello produttivo capitalista già dal modo in cui viene concepita la produzione. L'esternalizzazione della progettazione urbana o peggio ancora la speculazione da parte delle autorità politiche sullo sviluppo delle vie di comunicazione incidono pesantemente sul futuro delle nuove generazioni.
I giovani hanno dimostrato di essere presenti ed interessati, in buona parte grazie al lavoro svolto dal collettivo Scintilla che ha portato uno striscione in sostegno al movimento operaio che lotta. Inoltre, quasi per caso, un compagno della Unione delle Gioventù Comuniste di Spagna ha portato un saluto e spiegato la situazione nel suo paese, questo stato di certo il contributo più combattivo dal palco delgli oratori. Dal canto suo la Gioventù Comunista ticinese non ha mobilitato in massa, anche perché impegnata altrove, mentre il Partito Comunista ha sostenuto la mobilitazione con un comunicato stampa.
L'unico parlamentare della sinistra d'opposizione, Matteo Pronzini, era presente alla manifestazione, non era accompagnato dai suoi compagni di partito ed ha solo parlottato con qualche militante, mentre dal palco hanno parlato il sindaco di Biasca ed il Consigliere di Stato Bertoli, non proprio quello che si possa dire un cambiamento. Questo a dimostrare l'urgenza della costituzione di un fornte sindacale capace di fare opposizione alle destre e agli attachi padronali nelle piazze e nelle strade, favorendo quindi il ruolo politico dei rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Alla manifestazione è mancato un contesto, l'alternativa di sinistra chiara non è ancora visibile. In Svizzera, per preservare una buona qualità di vita tra il ceto medio e soprattutto mostrare la via per uno sviluppo economico e sociale capace di migliorare le sorti di tutti gli sfruttati, bisogna che la politica decida d'intervenire drastricamente nel modo di concepire l'organizzazione economica. Sappiamo tutti però che per dare stabilità e sicurezza ai posti di lavoro un cambiamento di politica profondo è necessario, non è possible continuare con gli stessi amministratori e pensare che cambi qualcosa. Le forze di Governo non sono più credibili da tempo agli occhi della classe operaia, che comunque in buona parte non ha il diritto di voto.
Per cui, nonostante la lodevole iniziativa d'invitare i lavoratori a scendere in piazza, le rivendicazioni promosse dal sindacato Unia, ancora fedele ai “valori” della pace de lavoro, non servono a risolvere i problemi alla radice. Per frenare la sostituzione di lavoratori residenti in Svizzera con frontalieri, non serve fissare limiti teorici sul numero di operai che vengono oltre confine, ma piuttosto battersi per maggiori diritti per tutti, a partire dal salario minimo di 4'000 fr per arrivare ad un nuovo codice del lavoro.
Inoltre è pura illusione curare la crisi, che in Svizzera non ha ancora colpito duramente l'economia, con le ricette di masoniana memoria come gli sgravi fiscali per le aziende. Pensare che delle facilitazioni fiscali alle aziende servano a ridistribuire ricchezza è pura utopia. I padroni non fanno beneficenza, se possono intascare quello che non pagano in tasse lo fanno, senza di certo offrire salari decenti a chi lavora. Ricordiamoci, noi cittadini comuni, che meno tasse pagate dalle aziende significano meno soldi per lo Stato, incaricato di finanziare sanità, socialità e scuole di cui noi tutti beneficiamo. I diritti e migliori condizioni di lavoro e di vita si ottengono solo con la lotta contro i padroni e i borghesi non concedendogli altri privilegi.
D'altro canto va pure speficificato che alla manifestazione ha partecipato, assolutamente indisutrbato, pure il leghista (ex pdl) Donatello Poggi, firmatario di un interpellanza in Consiglio Comunale assieme al sindacalista Unia Gianluca Bianchi (già segretario del PC), per chiedere chiarezza sulla pianificazione industriale di Biasca. Sebbene nel constesto attuale, per organizzare una manifestazione bisogna cercare ampie unità tra movimenti anche molti diversi tra loro, a Poggi da comunisti chiediamo di fare chiarezza : è di sinistra o sta con il padronato ed il governo? Cosa ha votato sulla revisione della legge sull'asilo? Qual'è la sua posizione sul segreto bancario? Qual'è la sua posizione sull'inasprimento della libertà d'espressione: nelle strade, negli stadi, sulla stampa?
Per la cronaca “gossip”, da notare che a margine della manifestazione tre pivelli palestrati, tatuati con svastiche e croci celtiche ben in vista, hanno sfogato le loro frustrazione. Dopo aver assistito allo sfilare di 300 operai per le strade del paese, a fianco di bandiere rosse e tanti compagni, non hanno avuto niente di meglio da fare che strappare gli adesivi in ricordo del militante anti-fascista Clément Meric, compagno assassinato il 5 giugno a Parigi da un gruppo di nipotini di Pétain.
Ribadiamo la solidarietà con i lavoratori, tutti e tutte, svizzeri e immigrati, residenti o frontalieri che siano! che hanno partecipato alla manifestazione, ma anche e soprattutto a coloro che sono stati minacciati sul posto di lavoro nel caso avessero presenziato alla mobilitazione. I padroni che minacciano sono gli stessi che non sono stati in grado di promuovere una produzione valida per dare un futuro stabile all'occupazione nella regione. Noi crediamo nella democrazia e la libertà, per cui denunciamo questi comportamenti autoritari da parte padronale. Invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici a continuare la lotta per la democrazia, la libertà e il socialismo.

mercoledì 20 marzo 2013

Cosa ce ne facciamo di un salario minimo di 3000 fr?

Il primo di aprile 2013 entreranno in vigore dei salari minimi di 3'000 fr fissati dal Consiglio di Stato ticinese in tre nuovi Contratti Normali di Lavoro. Questo tipo di contratto, come definisce il Codice delle Obbligazioni, è stabilito dal governo cantonale, se in alcuni settori la Commissione Tripartita riscontri un dumping salariale frequente.
Il Governo e la tripartita hanno ritenuto che il dumping vi sia soltanto nell'industria elettronica e nelle aziende del commercio al dettaglio che occupano meno di 10 lavoratrici e lavoratori. Per l'industria elettronica sono addirittura stati introdotti 2 contratti, entrambi prevedono salari minimi di 3'000 fr, che prima non esistevano. Questi due “nuovi” settori sono settori tecnicamente assoggettabili al Convenzione nazionale dell'industria metalmeccanica ed elettronica, che però non prevede salari minimi. Il Governo sfrutta quindi l'articolo 360a del CO che gli permette d'introdurre dei salari minimi.
L'ottenimento, anche se per via burocratica, di maggiori diritti per alcuni lavoratori è certamente un dato positivo. Anche se gli abusi vanno ben oltre i due settori citati, i lavoratori toccati beneficeranno di un lieve miglioramento delle condizioni di lavoro, per cui bisogna riconoscere il passo avanti. Come indicato anche dall'Mps il montante di 3'000 fr non è certamente soddisfacente. Anche se ci limitassimo all'obiettivo di favorire l'assunzione di lavoratori indigeni, con un salario del genere non si invoglia nessun ticinese a fare quei mestieri, per una famiglia semplicemente non basta.
Mps si lancia però in una critica approfondita alla misura sostenendo che provocherebbe un effetto boomerang, abbassando i salari più alti. Posizione difficilmente sostenibile visto che in molte fabbriche e commerci la tendenza è di non superare i 3'000 franchi, tranne dove vi è un contratto collettivo. In un partito nel quale militano numerosi ex sindacalisti, dovrebbe essere evidente che se un salario minimo più alto è fissato tramite un Ccl non è possibile applicare il salario del Cnl. Il tentativo di fare polemica degli amici trotzkysti non sfonda in sostanza perché non riescono a posizionare correttamente la decisione governativa.
Negli ultimi anni, i sindacati di sinistra più grandi, Unia e Vpod, sono interventui sempre più direttamente nelle sfere legislative e di governo accentuando le pressioni, in particolare con l'iniziativa popolare dell'USS per un salario minimo legale di 4'000.- Fr. e con la campagna per la responsabilità solidale tra le imprese. Fino a pochi anni fa, il salario minimo legale non era nemmeno preso in considerazione dai sindacati stessi, che privilegiavano la contrattazione collettiva.
Questa tendenza infastidisce l'Mps, proveniente dagli ambienti del settarismo di sinistra. Per il movimento di Sergi la politica è considerata il rapporto tra il proprio partito e le altre forze politiche di destra e di sinistra, ciò che li confina ad un gruppo di intellettuali che ha già capito tutto e diffonde il verdo tra la plebe. Sul piano sindacale hanno sempre dimostrato di essere affetti da carrierismo verso le alte sfere delle burocrazie corporatiste, con poca capacità di ascolto dei lavoratori.
I comunisti considerano invece la politica come l'emanazione ultima del conflitto di classe, dove si scontrano i rappresentanti della borghesia e i rappresentati dei lavoratori. La politica dei comunisti si orienta, non nell'interesse del partito, ma nell'interesse della classe lavoratrice e dei ceti popolari. Per noi sarà il rapporto che scaturirà tra il nostro partito e le lavoratrici e i lavoratori che renderà il partito più forte, non il suo stesso pavoneggiamento.
Sergi si pavoneggia con la retorica da vecchio sinistroide, ma senza riuscire a dare un vero contenuto alla sua critica del governo. Non constata che il principio secondo cui il salario è un tabu per lo Stato sta perdendo valore. Si tratta infatti della prima volta che nel commercio e nell'industria il governo fissa un salario minimo, anche se basso.
In particolare nelle regioni di frontiera, dove il dumping salariale si è fatto sentire soprattutto dopo l'entrata in vigore della libera circolazione, delle risposte vanno trovate. La borghesia sa che ne è a rischio la via bilaterale con l'Ue. Prossimamente si tornerà alle urne per approvarne o no l'estensione alla Croazia, il referendum dell'estrema destra è praticamente sicuro, ma questa volta potrebbe anche esserci quello della sinistra ciò che farebbe vacillare l'accordo.

L'iniziativa sul salario minimo di 4'000 fr è importante per lo sviluppo del diritto del lavoro in Svizzera e i padroni lo sanno bene. Visto lo “spettro” del salario minimo di 4'000 fr, i partiti di destra, che hanno la maggioranza in Consiglio di Stato, fanno concessioni di piccolo conto. Stanno cercando di dimostrare che il problema dei bassi salari sarà già risolto al momento in cui si andrà in votazione, un po' come quando l'iniziativa sulla cassa malati unica e sociale aveva arrestato l'aumento dei premi. Non a caso la durata dei contratti, che doveva essera limitata, sarà di soli 2 due anni e la votazione sul salario minimo a 4'000 sarà nella seconda metà del 2014.




Ticino : cantone della baldoria, ma se stessimo per affondare?

Nella piccola repubblica ticinese, gli ultimi anni sono stati quelli dello sviluppo urbano più intenso, totalmente proiettati verso Alptransit e l'aumento del traffico sul Gottardo con enormi aspettative di crescita sia economiche che demografiche. Al sud del cantone le città si sono estese fino ad inglobare tutti i paesi limitrofi, i campi sono stati occupati da industrie, magazzini e centri commerciali. La trasformazione di Lugano da borgo di pescatori e commercianti a piattaforma in lingua italiana del paradiso fiscale Svizzera, ha sbilanciato completamente gli equilibri cantonali. Lo sviluppo economico, dal dopo guerra ad oggi, ha portato ad una trasformazione del Ticino da paese agricolo a polo della finanza internazionale. Una finanza importante quanto basta per scombussolare la stabilità del piccolo cantone, portando affari molto più grandi (e loschi) di quello che il popolo ticinese aveva conosciuto. L'afflusso di calpitale internazionale sulle rive del Ceresio si trasforma spesso in capitale immobiliare, facendo esplodere la domanda di abitazioni e di conseguenza i loro prezzi.
Questo sviluppo non sarà però eterno, la speculazione è un gioco pericoloso, ed arriverà il giorno non molto lontano in cui i banchieri luganesi, troppo ingolositi, ci spingeranno in una grande crisi economica. Gli attuali ritmi di crescita del mercato immobiliare svizzero corrispondono, se prendiamo gli ultimi diceci anni, ad un aumento del 33%. I bassi tassi ipotecari e l'altissimo valore del suolo Svizzero attirano molti capitali di investitori stranieri che nei momenti di crisi dei grandi mercati finaziari statunitensi ed europei, trovano maggiori profitti e stabilità.
Il giorno però in cui il capitale internazionale sarà nuovamente in preda a degli scossoni, la possibilità di un'esplosione della bolla immobilirare sarà più che reale. La grande crisi del capitalismo, in Svizzera, arriverà quando finirà l'impennata dei prezzi delle costruzioni. Se i casi di Stati Uniti, Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna ecc. possono insegnarci qualcosa, è che la crisi immobiliare si propaga in buona parte dell'economia nazionale, con all'orizzonte nuove richieste d'aiuto alla Confederazione da parte delle banche.
Per la maggioranza della popolazione residente che ha comprato casa, la proprietà dell'abitazione è infatti ancora un miraggio. La facile concessione di crediti non significa un aumento dei proprietairi. La maggior parte dei proprietari si sono impegnati ad estinguere dei mutui decenali, con la prospettiva di una stagnazione se non una diminuzione dei salari. La risposta delle banche alla caduta dei prezzi delle abitazioni sarà l'aumento dei tassi d'interesse, mandando sul lastrico numerose famiglie. Nel nostro cantone non siamo stati capaci di frenare la sete di profitto dei finanzieri, sperando ognuno di raccimolare qualche briciola, mentre se non lotteremo uniti ci trovereno senza casa e con la natura e le eredità culturali irrimediabilmente rovinate.

Da anni la classe politica ticinese è una cerchia liberal-massone-ciellina, che fonda il proprio potere economico nelle banche luganesi, nelle crescenti industrie sparse su tutto il territorio - Mendrisiotto, Luganese, Locarnese, Bellinzonese e le Tre Valli e negli innumerevoli centri commerciali diventati mete “turistiche”. Chi fissa le regole del gioco, chi fa le scelte economiche fondamentali, chi sfrutta la maggioranza dei cittadini del cantone sono loro.
Lega dei Ticinesi di Giuliano Bignasca, movimento di estrema-destra è distruttore del dialogo democratico, dell'essere cittadino, del concetto di bene comune e della solidarietà. Il ventennio leghista ha portato ad un forte spostamento a destra di tutte le altre formazioni politiche. Buona parte del Plrt è più liberale autoritario, rispetto ai valori radicali della democrazia, l'istruzione pubblica e la laicità. Il Ppd, oggi ferro di lancio della borghesia per sonociolare il nuovo tentativo d'adesione all'Ue, si sta riscoprendo il partito conservatore come ai tempi delle amicizie con Mussolini. L'Udc sta facendo la sua entrata in scena anche in Ticino riuscendo a portare il partito di Blocher a sud della Alpi.
I borghesi hanno spinto per uno sviluppo cantonale fondato sugli elementi più reazionari del capitalismo : da un lato il traffico di denaro sporco e tutto quello che ci corre accanto (armi, droga, prostituzione, gioco d'azzardo, ecc) e dall'altro la speculazione finaziaria sulla natura e la cultura. La manna finanziaria che viviamo oggi, grazie al maledetto segreto bancario, alla posizione di transito tra Milano e il nord dell'Europa, alla libera circolazione dei capitali, delle merci e delle persone con l'Ue, ha creato un vortice speculativo totalmente estraneo al popolo ticinese.
I cittadini del nostro cantone hanno una sola grande responsabilità: quella di aver concesso alla Lega la gestione della pianificazione del territorio. Borradori, “l'amatissimo” Consigliere di Stato della Lega, è il principale responsabile della politica assurda di non pianificazione nella gestione del territorio. Grazie a quello che potrebbe essere il prossimo sindaco di Lugano, il nostro cantone ha sacrificato spazi importanti per costruire un'ammasso di palazzi e palazzoni alla rinfusa. Vecchi immobili lasciati marcire sono accostati a palazzi chic moderni, frabbriche nascono accanto a quartieri residenziali o nel bel mezzo dei campi agricoli, ville di ricchi Svizzeri o stranieri si incrostano sulle rive dei laghi e sulle colline soleggiate.
Negli ultimi mesi sono apparsi, sia a destra che ha sinistra, politici pronti ad impugnare le spade contro la malavita organizzata. Sebbene la piaga sia ormai profonda, bisogna essere chiari: in Svizzera la costituzione non punisce, ma favorisce, l'associazione a delinquere a scopo di lucro. Non si deve perdere di vista che nell'illegalità del diritto borghese, vigono ancora più selvagge le leggi di mercato e del capitale. L'interruttore del sistema rimane il potere legalmente costituito e le regole imposte dalle autorità politiche attuali compromesse con l'Ue. Il modello politico svizzero non è nient'altro che un prototipo estremamente affinato del capitalismo. Le autorità politiche svizzere sono pienamente coscienti e rivendicano il modello di sviluppo capitalista e di destra che hanno imboccato. Le stesse forze dovranno però essere pronte ad assumerne le conseguenze quando gli andrà male.

Contro il potere installatosi in Ticino, le sinistre si sono dimostrate impreparate nel costruire l'alternativa al capitalismo e alla speculazione. Rincorrendo l'unità all'inizio degli anni novanta, molti hanno seguito quel progetto politico fallimentare che ha imbrigliato il PS, nato dal progressivo avvicinamento tra PSA e PST, nelle maglie del PSS. Sotto la guida di don Manuele Bertoli, ha abbandonato lo spirito di lotta e idealismo del PSA e della presidenza Biscossa. Lo sciopero della funzione pubblica del 5 dicembre è stato il primo vero banco di prova per il nuovo PS di Saverio Lurati. La mobilitazione è riuscita, molti i giovani guidati dal Sisa, coscienti della fase storica, che hanno animato nn corteo di solidarietà accanto agli operai dei trasporti, in favore di operai e impiegati pubblici, docenti e professori, in nome della difesa della scuola e del servizio pubblico. Gli slogan del PS sono pochi e negli schemi della concertazione e la pace sociale, Lurati ha più carisma di Bertoli e questo non può che far bene al movimento popolare che riprende vigore in Ticino, ma in questa mobilitazione non si è vista nessuna rottura nel contenuto.
Il PdL, quale forza della tradizione comunista sovietica, è stato sull'orlo della sepoltura, dilaniato da lotte di piccolo conto per accaparrarsi i residuati bellici dell'Urss. Oggi la sezione ticinese del PdL, con il nome Partito Comunista, prepara la ricostruzione di un partito di classe, fedele ai principi della rivoluzione socialista e dell'internazionalismo. Questo compito è affidato a dei giovani impegnati e con ancora molta strada da compiere, forse acerbi ma sicuramente genuini.
A sinistra, chi ci sta davvero, non si può più stare a guardare, urge ricominciare a chiederci che fare e finirla di perdere tempo con tatticismi politici. La crisi mondiale del capitalismo avanza, sia in termini di fallimento economico che di tensioni militari tra grandi potenze, senza mai dimenticare l'allarme clima. Se in Svizzera, la crisi coglierà di sorpresa i lavoratori e i ceti popolari, si abbatterà ancora con maggiore violenza, col rischio di riportare grande povertà e miseria anche nel nostro ricco paese. Bisogna riportare sul territorio una lotta comune negli interessi del mondo del lavoro e dei ceti popolari, riportando la speranza di un mondo nuovo, fatto di pace, sicurezza sociale e armonia con la natura. Bisogna recupare il legame con quei proletari che non sanno nemmeno più di esserlo, coloro che non hanno più nient'altro da perdere che le catene imposte dagli imprenditori: niente risparmi, niente case, pochi miseri diritti e salari sempre più bassi.
Il Partito Comunista sta provando a tradurre nella pratica, la responsabilità storica del nome ripreso nel 2007. La priorità dei prossimi anni dovrà essere lo sviluppo del movimento operaio e popolare in Svizzera, affinché si possa contestare con forza l'attuale ordine costituzionale, repressivo e paternalista, in cui solo pochi capitalisti possono decidere della sorte di milioni di lavoratori e cittadini. Quali comunisti, bisogna pure riconoscere l'importanza fondamentale che ricoprono i lavoratori del settore produttivo. Assieme ai comunisti, la classe operaia dovrà imparare a gestire democraticamente gli stabilimenti e le vie di comunicazione assenziali alla vita in comune, senza più la vigilanza dei manager strapagati e gli azionisti oziosi.
La necessità di cambiare politica è sempre più impellente, ma quasi più nessuno ha il coraggio di proporre ai lavoratori e ai ceti popolari di lottare pensando ad un futuro migliore.