lunedì 19 marzo 2012

Leonardo Schmid, candidatura al Consiglio comunale di Locarno


Nella mia azione politica le priorità me le faccio dettare da coloro che ogni giorno si confrontano con me, i lavoratori e le lavoratrici che da anni stanno facendo enormi sacrifici e i compagni e le compagni con cui lotto giorno per giorno da ormai quasi 10 anni. Per un comunista stare all'ascolto delle preoccupazioni della popolazione è un punto fermo del modo di fare politica. Per fare questo bisogna però ricominciare ad anteporre i diritti fondamentali di ognuno, agli equilibri di bilancio e l'andamento delle borse. I lavoratori e le lavoratrici si sono preoccupati fin troppo di salvare l'apparato statale della borghesia. In una azione politica di tipo istituzionale, quale comunista, molto probabilmente in minoranza, non avrò certo modo di risolvere i grandi problemi che affliggono i ceti popolari. Non per questo però, non mi batterò per ridare senso al dibattito politico, ormai lontano dalla "gente" come direbbero i para-fascisti della Lega.


In primo luogo mi batterò per i diritti fondamentali delle persone e delle famiglie:
  • Il diritto ad avere una casa e che sia confortevole. Nei centri urbani è necessaria la municipalizzazione dei quartieri popolari, contro la speculazione edilizia e la politica dei letti freddi, che a Locarno raggiungono quota 50%. Un numero impressionante di bucalettere appartiene a ricchi turisti o società "offshore" che imbrogliamo il fisco di chissà quale paese. Questa presenza provoca la speculazione sugli affitti, mettendo in concorrenza i lavoratori indigeni con i portafogli dei "buoni contribuenti", come ama spesso definirli il partito socialista. La lotta contro la speculazione edilizia comprende anche quella per la salvaguardia del suolo cittadino, mi oppongo quindi alle costruzioni che distruggono la natura e sostengo un miglioramento della qualità delle costruzioni.
  • Il diritto all'educazione pubblica e gratuita. Gli stabilimenti delle scuole comunali potrebbero essere messi a disposizione di una più ampia fascia della popolazione, fuori dall'orario di lezione, di modo da usufruire di ampi spazio pubblici per favorire l'educazione di tutta la popolazione, negli ambiti pIù vari. La scuola pubblica e gratuita deve comprendere anche servizi di sostegno alle famiglie quali asili nido, mense e dopo scuola. Nella difficile situazione in cui si trovano moltissime giovani coppie o ancor più le madri o padri soli con figli a carico, sarebbe il minimo che gli enti locali potessero fornire sostegno alla maggioranza ancora costretta a rivolgersi presso dei privati a prezzi esorbitanti.
  • Il diritto a spazi d'incontro, liberi dalla logica di mercato, quali centri sociali per giovani o circoli di quartiere con prezzi moderati e con accesso alla cultura in ogni genere, con una particolare apertura alla conoscenza delle numerose culture "straniere" presenti sul suolo svizzero. Mi batterò, con i mezzi che avrò a disposizione per cercare di riconoscere il diritto di voto agli "stranieri" con permesso C e B.
  • Mi batterò contro ogni "eccezione" in ambito fiscale, al contrario mi impegnerò per far pagare chi ha le possibilità di farlo. Bisogna riuscire a frenare il fallimento programmato dei comuni, con le conseguenti fusioni dettate da mere ragioni di sopravvivenza finanziaria. Per farlo è necessario stabilizzare il tasso d'imposizione cantonale e ridistribuire maggiormente alle regioni periferiche ed ai centri medi che offrono i servizi per delle regioni intere. I comunisti hanno a cuore la sopravvivenza della vita di paese, della cultura delle nostre valli. In questo senso mi batterò contro le fusioni anti-popolari, che mirano a ridurre il numero di consiglieri comunali e accentrare il potere nei centri economici della finanza, l'industria e il turismo.


Infine, ma non per questo meno importante, per un militante comunista, il fatto di rappresentare qualcuno in un'istituzione, per quanto borghese essa sia, significa anche acquistare la legittimità di criticare e proporre soluzioni più generali. Molti, nell'estrema sinistra, criticano il Partito Comunista perché si preoccupa di "aiuole e marciapiedi", io ritengo che una tale posizione permette di denunciare con più forza tutti quegli affari nell'ombra che spesso vedono invischiati i rappresentati dei partiti di governo (Lega, Plrt, Ppd, Ps). Il capitalismo è un sistema globale, ma proprio per questo va combattuto ad ogni livello, l'impegno locale è un elemento essenziale della costruzione di un movimento popolare sincero e combattivo. Non ci fermeremo fino al socialismo :-)

giovedì 15 marzo 2012

Prepariamoci all'attacco frontale alle condizioni di lavoro nell'industria


Poco più di un anno fà, la Trasfor di Molinazzo di Monteggio ha lanciato l'ondata di attacchi nei confronti degli operai elettromeccanici, metalmeccanici, elettronici e tessili. Tutto d'un tratto, l'indebolimento dell'euro e in generale la questione cambio, diventa un fattore essenziale della stabilità finanziaria di una ditta. Lo spauracchio della crisi è subito sbandierato, si tratta ancora una volta di attaccare i lavoratori, chiedendo il sacrificio di lavorare due ore in più a gratis o di essere pagati in euro. 
Il direttore dell'Aiti (Associazione industriali ticinesi) chiede la “simmetria de sacrifici”. Triste espressione, già usata da Marina Masoni ai bei tempi degli sgravi fiscali per i ricchi. In questo caso si intende che, viste le perdite sugli utili delle imprese – ossia che hanno guadagnato meno miliardi che l'anno scorso –  a causa dell'indebolimento dell'Euro, devono essere i lavoratori ad offrire tempo di lavoro gratuitamente all'azienda.

Chi, a suo tempo, ha pensato che questo stratagemma sarebbe stato solo un episodio isolato deve ormai ricredersi. Sono ormai, solo in Ticino, una ventina le aziende che hanno già adottato l'aumento delle ore o misure di ritorsione anche peggiori. Una Balck List è stata stilata da Unia ( HYPERLINK "http://www.unia.ch/Black-list.5992.0.html"http://www.unia.ch/Black-list.5992.0.html) nella quale sono inserite ditte simbolo come AGIE Charmilles e Rìrì oppure colossi come la Consitex che impiega quasi un migliaio di operaie o lo stabilimento del gruppo Mikron. 

Dietro lo spauracchio Franco forte, si cela sempre l'ombra nera della delocalizzazione. Il recente esempio da manuale di Novartis che è riuscita à farsi concedere 3 ore  settimanali supplementari a gratis, la delibera di permessi edilizi su ampi terreni a Nyon e dei favorevolissimi alleggerimenti fiscali, deve essere d'insegnamento per i dirigenti sindacali locali. Nel capitalismo, gli azionisti delle grandi industrie sono unici a poter decidere sulla possibilità di eliminare centinaia se non migliaia di posti di lavoro delocalizzando. Tuttavia le grandi industrie svizzere, quando minacciando di delocalizzare, non fanno altro che ricattare la politica, che oggigiorno è più che d'accordo, per ottenere ulteriori privilegi e libertà. Si tratta di un teatrino poter giustificare qualsiasi furto al salario diretto e indiretto e dei diritti dei lavoratori, dove sindacati e autorità mettono in scena delle “pressioni”  contro la delocalizzazione.

Sul fronte politico la notizia più positiva è l'ammissione di colpa del presidente UDC Toni Brunner che getta definitivamente la maschera. Dovrà ricredersi chi sostiene che l'UDC fa gli interessi del popolo svizzero. A meta mese di luglio del 2011, il presidente del partito di estrema-destra ha affermato “le imprese devo avere la libertà di agire per salvare i posti di lavoro che potrebbero partire all'estero”. Di quali interessi si tratta se si è pronti a concedere ulteriore libertà a chi già è libero di sfruttare migliaia di lavoratori? La domanda retorica serve a dimostrare come l'UDC rappresenta gli interessi degli azionisti delle grandi industrie. Toni Burnner e camerati non si sognerebbero  mai di usare la stessa arroganza e violenza che usano contro gli stranieri, all'indirizzo di chi minaccia di delocalizzare, eppure si tratta di un vero e proprio attacco ai diritti fondamentali del popolo svizzero, quello di avere un lavoro. 

In realtà tutta la “l'alta politica” cantonale e nazionale si schiera con la borghesia. Dal centro-sinistra all'estrema-destra quando si tratta di decidere come si dovrebbe organizzare la produzione nazionale e garantire i posti di lavoro, sono sempre in prima linea per svendere le condizioni di lavoro. I comunisti invece sostengono che la politica deve dedicarsi a difendere e migliorare l'apparato produttivo nazionale quale fonte di sostentamento per il popolo, soprattutto andando a recuperare la ricchezza rubata dai capitalisti.

In questo scenario i sindacati si trovano, come spesso succede, imbrigliati in un passato sindacale da dimenticare. L'abitudine di cedere ai ricatti, soprattutto quando la posta messa in gioco dai padroni sono i posti di lavoro, è ben radicata e difficile da cambiare. Urge quindi riaprire una discussione, sia sui luoghi di lavoro, sia a sinistra, sulla centralità del conflitto capitale-lavoro e la maniera in cui bisogna contrastare l'avanzata aggressiva del padronato. In fondo si tratta semplicemente di riscoprire che la società è composta da classi in lotta l'una contro l'altra e che nel capitalismo i proletari e i padroni sono le classi antagoniste. 

La crisi economica che colpisce l'Europa, non da speranza per una risoluzione “pacifica” del conflitto con il padronato. Continuare a sottostare alle pace del lavoro, credendo che i padroni svizzeri faranno beneficenza è un illusione pura. L'unico modo per smuovere un padronato sempre più goloso, è quello del conflitto, dello sciopero, della lotta di classe. 

Per farsi rispettare i lavoratori e le lavoratrici hanno a disposizione la possibilità di denunciare pubblicamente le loro condizioni di lavoro, di astenersi dal lavoro causando il blocco della produzione, occupare la sede di produzione, scendere in manifestazione, occupare stabili pubblici pacificamente, ecc, ma questo può avvenire solo quando esiste un movimento fortemente unito e organizzato. Attualmente il movimento operaio svizzero è piuttosto dormiente o essenzialmente vacato alla lotta istituzionale, sta quindi a quelle compagne e quei compagni impegnati e dediti alla causa del movimento operaio, implementare la lotta per permettere la difesa dei diritti dei lavoratori delle lavoratori. 

La questione cambio è quindi un ennesima campagna riuscitissima del padronato, che negli ultimi mesi ha potuto sfruttare ulteriormente migliaia di lavoratori, senza sganciare un centesimo supplementare, anzi riducendo i salari. La lotta di classe la stanno conducendo bene e la stanno sinceramente vincendo, ora tocca a chi lavora svegliarsi e iniziare a farsi sentire, partendo da ogni singola fabbrica, da ogni luogo di lavoro.