Chi crede
nella lotta per la giustizia sociale può esprimere piena
soddisfazione per il risveglio del movimento operaio nelle Tre Valli
e il successo della manifestazione tenutasi a Biasca sabato 8 giugno.
A sostegno dei manifestanti vi era anche una delegazione di
solidarietà composta da vari militanti, studenti e operai che hanno
tenuto alta la bandiera rossa con falce e martello!
L'appello
del sindacato Unia per scendere in piazza è stato sostenuto da
operai e movimenti politici di sinistra di tutto il cantone. Le
ragioni per lottare non mancano, ma in generale come ricordato dal
sindacato Unia, sia nel granito che nelle altre industrie in Ticino e
in tutta la Svizzera, si deve puntare su prodotti di qualità e non
sulla concorrenza al ribasso su prezzi e salari.
Chi
lavora ha dei diritti che devono essere rispettati, come deve essere
garantita la partecipazione dei lavoratori alle decisioni economiche
che riguardano il futuro del paese. Al contrario politici di destra e
imprenditori vanno a braccetto per svendere il nostro apparato
produttivo e favorire l'importazione di merce dall'estero. Proprio
nel settore del granito esistono esempi in cui dei comuni, per non
fare nomi Chiasso per la pavimentare il Corso San Gottardo ed il
centro città, dove si è preferito il granito trasportato dal
sud-est asiatico ai prodotti locali.
Alla
faccia della difesa degli interessi del nostro paese, ma forse è
anche colpa dei proprietari delle cave e dei ricatti patriziali. Nel
settore del granito i vari imprenditori e i patrizi di aristocratica
memoria, non hanno saputo andare fino in fondo nel progetto prietra
viva. Iniziativa che potrebbe diventare un vero marchio di qualità
di una produzione Ticinese che vada a servire un utilizzo valorizzante
della materia, ma deve essere sostenuta dai Comuni con l'acquisto dei
terreni patriziali e lo sviluppo di un sistema di produzione gestito
da operai e autorità pubbliche, affinché si punti su prodotti
artigianali e edili di qualità.
Evidentemente
chi sul piano industriale preferisce concentrarsi sull'abbattimento
dei diritti, come avvenuto nel caso dell'AIGT che tenta di sottrarsi
dal rispetto del CNM, mettendo in pericolo il diritto al
prepensionamento a 60 anni, dimostra pochissima lungimiranza. Una
soluzione, che difornte ad un accordo di libero scambio con la
Repubblica Popolare Cinese da considerare ormai cosa fatta è di una
miopia immane.
Una merce
come il granito, di cui disponiamo a sufficienza, non può essere
importata dall'altra parte del mondo, con uno spreco enorme di
energia e perché costa meno! Invece in Ticino perdiamo anche i
laboratori che trasformano il granito, due laboratori nel locarnese
chiudono entro fine anno. Uno riaprirà in Italia o in Portogallo,
dove il granito ticinese sarà lavorato con un consto della mano
d'opera inferiore, grazie anche i cattivi accordi con l'Unione
Europea che facilitano le delocalizzazioni.
Con
queste premesse è evidente che il malcontento continuerà a crescere
e che le mobilitazioni potranno anche essere più frequenti che in
passato. In Svizzera manca un'organizzazione sindacale di classe,
capace di mettere in discussione il modello produttivo capitalista
già dal modo in cui viene concepita la produzione.
L'esternalizzazione della progettazione urbana o peggio ancora la
speculazione da parte delle autorità politiche sullo sviluppo delle
vie di comunicazione incidono pesantemente sul futuro delle nuove
generazioni.
I giovani
hanno dimostrato di essere presenti ed interessati, in buona parte
grazie al lavoro svolto dal collettivo Scintilla che ha portato uno
striscione in sostegno al movimento operaio che lotta. Inoltre, quasi
per caso, un compagno della Unione delle Gioventù Comuniste di
Spagna ha portato un saluto e spiegato la situazione nel suo paese,
questo stato di certo il contributo più combattivo dal palco delgli
oratori. Dal canto suo la Gioventù Comunista ticinese non ha
mobilitato in massa, anche perché impegnata altrove, mentre il
Partito Comunista ha sostenuto la mobilitazione con un comunicato
stampa.
L'unico
parlamentare della sinistra d'opposizione, Matteo Pronzini, era
presente alla manifestazione, non era accompagnato dai suoi compagni
di partito ed ha solo parlottato con qualche militante, mentre dal
palco hanno parlato il sindaco di Biasca ed il Consigliere di Stato
Bertoli, non proprio quello che si possa dire un cambiamento. Questo
a dimostrare l'urgenza della costituzione di un fornte sindacale
capace di fare opposizione alle destre e agli attachi padronali nelle
piazze e nelle strade, favorendo quindi il ruolo politico dei
rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Alla
manifestazione è mancato un contesto, l'alternativa di sinistra
chiara non è ancora visibile. In Svizzera, per preservare una buona
qualità di vita tra il ceto medio e soprattutto mostrare la via per
uno sviluppo economico e sociale capace di migliorare le sorti di
tutti gli sfruttati, bisogna che la politica decida d'intervenire
drastricamente nel modo di concepire l'organizzazione economica.
Sappiamo tutti però che per dare stabilità e sicurezza ai posti di
lavoro un cambiamento di politica profondo è necessario, non è
possible continuare con gli stessi amministratori e pensare che cambi
qualcosa. Le forze di Governo non sono più credibili da tempo agli
occhi della classe operaia, che comunque in buona parte non ha il
diritto di voto.
Per cui,
nonostante la lodevole iniziativa d'invitare i lavoratori a scendere
in piazza, le rivendicazioni promosse dal sindacato Unia, ancora
fedele ai “valori” della pace de lavoro, non servono a risolvere
i problemi alla radice. Per frenare la sostituzione di lavoratori
residenti in Svizzera con frontalieri, non serve fissare limiti
teorici sul numero di operai che vengono oltre confine, ma piuttosto
battersi per maggiori diritti per tutti, a partire dal salario minimo
di 4'000 fr per arrivare ad un nuovo codice del lavoro.
Inoltre è
pura illusione curare la crisi, che in Svizzera non ha ancora colpito
duramente l'economia, con le ricette di masoniana memoria come gli
sgravi fiscali per le aziende. Pensare che delle facilitazioni
fiscali alle aziende servano a ridistribuire ricchezza è pura
utopia. I padroni non fanno beneficenza, se possono intascare quello
che non pagano in tasse lo fanno, senza di certo offrire salari
decenti a chi lavora. Ricordiamoci, noi cittadini comuni, che meno
tasse pagate dalle aziende significano meno soldi per lo Stato,
incaricato di finanziare sanità, socialità e scuole di cui noi
tutti beneficiamo. I diritti e migliori condizioni di lavoro e di
vita si ottengono solo con la lotta contro i padroni e i borghesi non
concedendogli altri privilegi.
D'altro
canto va pure speficificato che alla manifestazione ha partecipato,
assolutamente indisutrbato, pure il leghista (ex pdl) Donatello
Poggi, firmatario di un interpellanza in Consiglio Comunale assieme
al sindacalista Unia Gianluca Bianchi (già segretario del PC), per
chiedere chiarezza sulla pianificazione industriale di Biasca.
Sebbene nel constesto attuale, per organizzare una manifestazione
bisogna cercare ampie unità tra movimenti anche molti diversi tra
loro, a Poggi da comunisti chiediamo di fare chiarezza : è di
sinistra o sta con il padronato ed il governo? Cosa ha votato sulla
revisione della legge sull'asilo? Qual'è la sua posizione sul
segreto bancario? Qual'è la sua posizione sull'inasprimento della
libertà d'espressione: nelle strade, negli stadi, sulla stampa?
Per la
cronaca “gossip”, da notare che a margine della manifestazione
tre pivelli palestrati, tatuati con svastiche e croci celtiche ben in
vista, hanno sfogato le loro frustrazione. Dopo aver assistito allo
sfilare di 300 operai per le strade del paese, a fianco di bandiere
rosse e tanti compagni, non hanno avuto niente di meglio da fare che
strappare gli adesivi in ricordo del militante anti-fascista Clément
Meric, compagno assassinato il 5 giugno a Parigi da un gruppo di
nipotini di Pétain.
Ribadiamo
la solidarietà con i lavoratori, tutti e tutte, svizzeri e
immigrati, residenti o frontalieri che siano! che hanno partecipato
alla manifestazione, ma anche e soprattutto a coloro che sono stati
minacciati sul posto di lavoro nel caso avessero presenziato alla
mobilitazione. I padroni che minacciano sono gli stessi che non sono
stati in grado di promuovere una produzione valida per dare un futuro
stabile all'occupazione nella regione. Noi crediamo nella democrazia
e la libertà, per cui denunciamo questi comportamenti autoritari da
parte padronale. Invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici a
continuare la lotta per la democrazia, la libertà e il socialismo.