sabato 12 settembre 2009

Uniti per le assicurazioni sociali e popolari

Per quale motivo il movimento operaio svizzero e il Partito Svizzero del Lavoro (PdSL) si battono da sempre per le assicurazioni sociali?
Il PdSL lotta per l'unità delle classi popolari a fronte dello sfruttamento messo in atto dalla classe abbiente. Per questo consideriamo le assicurazioni sociali come pietra miliare di tale unità, in quanto mezzo per permettere una migliore ridistribuzione della ricchezza, per garantire a chiunque la sicurezza sociale e per offrire a tutte e a tutti un'esistenza dignitosa!
Sin dai tempi della fondazione dei primi partiti operai e del PSL, il tema la sicurezza sociale è stato motivo di importanti lotte. La sicurezza sociale rappresenta, dal nostro punto di vista, un meccanismo essenziale di ridistribuzione che permette a tutte le componenti della nostra società di parteciparvi: garantisce, infatti, la sicurezza di poter decidere riguardo al proprio futuro nonostante le incognite tipiche della nostra epoca, e di poter quindi costruire liberamente dei progetti di vita a lungo termine. Nella sua configurazione finale dovrebbe inoltre riuscire a offrire a tutti gli esseri umani la certezza di poter disporre dei beni di prima necessità, di un alloggio nonché dell'accesso a cure mediche di qualità.
Ma, in una società come la nostra – in cui una minoranza vive grazie allo sfruttamento delle classi dei lavoratori – chi è costretto in una condizione di grande precarietà professionale si trova, nella maggioranza dei casi, confrontato anche all'insicurezza sociale. Per questo motivo le battaglie per garantir loro un minimo di sicurezza devono partire dall'offerta di un lavoro degno e sicuro. È unicamente l'attività umana che permette di produrre le ricchezze necessarie per il benessere di tutti; il resto – rendite fondiarie, dividendi, interessi,... - altro non sono che furto e speculazione.
Una parte della popolazione è impossibilitata a lavorare per guadagnarsi da vivere: persone anziane, invalidi, disoccupati, malati, e l'elenco potrebbe essere ancora lungo. Sono state create delle assicurazioni sociali specifiche, appunto per permettere a queste persone marginalizzate di poter condurre, malgrado tutto, un'esistenza dignitosa. Nel caso in cui ci si trova – a causa dei più svariati motivi – nella condizione di non poter più lavorare è compito delle assicurazioni sociali garantire all'individuo la propria dignità. Nell'ottica di una migliore ridistribuzione della ricchezza, il PST rivendica un rinforzamento di tali misure, in quanto componenti fondamentali dell'unità delle classi popolari.
Il tema della sicurezza lo si ritrova, purtroppo, strumentalizzato dalla destra attraverso gli slogan che esaltano l'insicurezza civile mascherando l'obiettivo finale, ovvero alimentare il conflitto tra i lavoratori. Di fatto, invece di mettersi in gioco per risolvere i conflitti esistenti, la destra punta a dividere per dominare. I partiti borghesi, nella pratica, si preoccupano essenzialmente di denunciare episodi legati alla criminalità, con il fine ultimo di alimentare le paure che dividono le classi popolari. Ancora più grave è il fatto che la risposta che viene proposta all'insicurezza - con la compiacenza sempre più evidente di una certa sinistra - si dimostra troppo spesso repressiva. A che pro urlare a squarciagola che è necessario mettere al banco degli imputati gli approfittatori, gli stranieri, i giovani?
La fonte primaria di questa insicurezza è in realtà legata a un problema sociale più diffuso: numerosi studi dimostrano infatti che, dal momento in cui la sicurezza sociale smette il suo ruolo, l'insicurezza civile aumenta. Da ciò possiamo desumere che l'espansione della precarietà e della miseria altro non può provocare se non l'aumento della criminalità. Gli episodi violenti vengono poi amplificati inesorabilmente attraverso la propaganda - diffusa in malafede - tipica della destra nazionalista, avallata e sostenuta dalla stampa scandalistica. Un discorso ideale per designare dei colpevoli piuttosto che trovare delle soluzioni.
Ma le risposte repressive non intaccano l'origine del problema: per questo il Partito Svizzero del Lavoro si adopera perché la possibilità di risolvere i problemi legati all'insicurezza di strada passi per la garanzia di una sicurezza sociale di miglior livello per tutti.
Se tutti avessimo la certezza di una vita stabile - spogliata dalle incertezze materiali - i problemi d'insicurezza civile diminuirebbero sicuramente. Questo è il motivo per cui è fondamentale battersi per fermare lo smantellamento sociale: la sicurezza sociale non solo rende possibile l'appianamento delle dispute tra le differenti parti sociali, ma permette inoltre di restare uniti nella lotta contro chi approfitta delle divisioni popolari.
Il sistema capitalista in cui viviamo è, ancora oggi, basato sullo sfruttamento della maggioranza dei lavoratori, che si vede privare dei frutti del proprio lavoro da una minoranza di sfruttatori.
Il regnare dell'instabilità all'interno del mondo del lavoro incoraggia la concorrenza tra i meno fortunati, manipolati in tal senso da un pugno di capitalisti. Questa dinamica tende essenzialmente a escludere i più deboli e a costringere gli altri a condizioni di lavoro sempre più sfiancanti, pena l'essere a propria volta esclusi. Ma la legge del più forte non indebolisce solo i meno abbienti: è nociva -dal nostro punto di vista – per la l'intera società. Siamo a questo proposito convinti che attraverso l'organizzazione collettiva della società – agendo quindi in maniera comune – riusciremmo ad ottenere dei risultati migliori che non accumulando interessi individuali. Dobbiamo mettere in atto un fronte solidale in grado di rapportarsi all'ideologia dell'individualismo, dell'ognuno per sé.
A questa concezione del mondo vantaggiosa solo per i più forti è fondamentale rispondere con la solidarietà tra le classi popolari: ecco le basi della sicurezza sociale.
Bisogna pertanto andare a cercare i soldi dove ci sono; battersi perché le assicurazioni sociali siano in buona parte finanziate da chi dispone dei mezzi per farlo. In effetti solo la messa in comune dei profitti e una redistribuzione della ricchezza in favore delle classi popolari permettono di garantire la sicurezza di tutti.
Ci teniamo inoltre a sottolineare che la sicurezza sociale va considerata come un unico blocco, non come una serie di compartimenti in concorrenza tra loro. Fermo restando che l'età, lo stato di salute o l'attitudine al lavoro permettono di identificarne i beneficiari, non bisogna lasciarsi trarre in inganno dalle false dicotomie che oppongo vecchi a giovani, lavoratori e disoccupati, e via dicendo. Pensando ad una società realmente egalitaria, verrebbe spontaneo credere che una generazione possa lavorare anche per il benessere di un'altra, che i malati e gli invalidi vivano sulle spalle dei sani. Ma, al giorno d'oggi, sono quelli che ne hanno le possibilità - i più ricchi – che devono pagare in modo da assicurare lo stretto necessario a chi è marginalizzato o semplicemente anziano.
Non dobbiamo cedere alla logica della compartimentalizzazione delle diverse assicurazioni sociali. Le tesi volte a rimettere in discussione ogni prestazione, come fossero fatti indipendenti gli uni dagli altri, avranno sempre l'obiettivo inconfessabile di ravvivare le divisioni tra i veri lavoratori. Andiamo quindi a cercare i soldi dove ci sono: il PSdL si batte da sempre per imporre l'idea che i più ricchi debbano pagare per i più poveri. Non si tratta di carità, semplicemente la giustizia implica il fatto che la ricchezza prodotta grazie al lavoro delle classi popolari – quella stessa ricchezza che i capitalisti rubano impunemente – sia loro redistribuita.

venerdì 11 settembre 2009

IMPOVERIMENTO DELL'AI, IMPOVERIMENTO DEI LAVORATORI

Nei media e nei dibattiti politici l'assicurazione invalidità (AI) fa parlare di sé soprattutto per i suoi bilanci negativi. Naturalmente la destra raddoppia le proposte per diminuire le prestazioni e perseguire i presunti abusi. Tuttavia non è sempre stato così. Nata nel 1960, l'AI ha conosciuto dei bilanci più o meno equilibrati fino al 1993, prima di realizzare un deficit sempre crescente. La data non è casuale : coincide con l'inizio della crisi degli anni '90 e con la precarizzazione del lavoro che ne è seguita.
In effetti l'invalidità è considerata nella nostra sicurezza sociale come una nozione economica. In quanto tale una malattia non dà diritto a una rendita; solo se essa diminuisce durevolmente le possibilità di assunzione giustifica una pensione. In un mercato del lavoro che esige un rendimento massimo, come lo conosciamo attualmente, sono sempre più numerose le persone che si trovano senza prospettive professionali a causa delle loro condizioni di salute e che logicamente chiedono una rendita AI. E' soprattutto il caso dei lavoratori scarsamente qualificati, per i quali la concorrenza è più forte.
Affrontare gli aspetti economici dell'AI permette anche di comprendere come mai gli stranieri sono sovrarappresentati fra gli invalidi (erano il 35% degli invalidi, e ricevevano il 30% delle prestazioni, mentre erano il 20% della popolazione). Sono proporzionalmente più numerosi degli svizzeri anche fra i lavoratori e fra le persone in cerca di lavoro, svolgono più spesso dei lavori faticosi e poco qualificati e quando devono cambiare lavoro hanno più spesso delle lacune nella loro formazione e nelle loro conoscenze nelle lingue nazionali. A ciò si aggiunge il fatto che subiscono spesso una discriminazione all'assunzione. Di conseguenza sono più numerosi degli altri a perdere il loro lavoro per motivi di salute e a non poterne trovare un altro.
FASE I : INASPRIMENTO DELLE POCEDURE
La destra e l'estrema destra nascondono questi meccanismi economici per parlare di lotta agli abusi e diminuire l'assegnazione delle rendite. I primi cambiamenti non sono stati spettacolari, poiché consistevano nell'inasprire la pratica senza modificare le leggi. Dal 2003 il numero delle nuove rendite diminuisce rapidamente : dai 28100 nuovi beneficiari nel 2002 si passa ai 16600 nel 2008, vale a dire una riduzione del 40%. La Confederazione si rallegra di questa prestazione, ma i metodi impiegati sono tutt'altro che accettabili.
La riduzione coincide con un nuovo sistema di esame delle rendite, per mezzo dei Servizi Medici Regionali (SMR). L'AI ha costituito così una rete di esperti sotto il suo controllo, che esamina brevemente gli assicurati prima di dare un parere perentorio. I pareri medici sono così formalmente ineccepibili e ottengono la fiducia dei giudici. Tuttavia essi si allontanano regolarmente dalla realtà vissuta dagli assicurati e dai loro medici curanti. Diversi scandali mettono in questione l'oggettività di questo sistema : dal 2006 al 2008 il capo del SMR di Zurigo è un ex dirigente di un partito tedesco di estrema destra. Una volta denunciato il caso sulla stampa, l'AI ha licenziato il suo dipendente ma non ha rimesso in discussione le decisioni che egli aveva preso.
Quanto al SMR della Svizzera Romanda, esso ha fatto ricorso a delle perizie di psichiatri indipendenti. Fra loro è stato particolarmente apprezzato un medico particolarmente noto per la sua severità di giudizio nei confronti degli assicurati. Nonostante le critiche di altri medici e di operatori sociali durate parecchi anni, il SMR ha accumulato le perizie “indipendenti” di questo medico. Nel 2007 questo psichiatra ha ricevuto la cifra record di 141 mandati di perizie, probabilmente equivalente a un onorario di parecchie centinaia di migliaia di franchi. Nonostante tutto, il suo parere ha giuridicamente maggior valore di quello di un medico curante, sospettato di parzialità nei confronti dell'assicurato !
FASE II : INASPRIMENTO DELLA LEGGE
Sempre nell'ottica di diminuire le nuove rendite, la legge è stata modificata a partire dal 1 gennaio 2008 : ormai le rendite parziali sono riconosciute solo a partire da un tasso di invalidità di almeno il 40%. Ciò significa che la venditrice che lavorava a tempo pieno per 3000 franchi non ha diritto ad alcuna prestazione se può lavorare ancora al 60%, con un reddito di 1800 franchi al mese... Inoltre le rendite per il congiunto dell'invalido non esistono più, ciò che ha diminuito le entrate dei beneficiari di rendita. Dal 2008 sono dunque più numerose le persone che hanno bisogno di un aiuto per assicurarsi un reddito minimo : nel 2008 il 41% dei beneficiari di rendita AI ha ricevuto delle prestazioni complementari, contro il 32,4% dell'anno precedente.
FASE III : LA CACCIA AI BENEFICIARI DI RENDITA
Un po' più di un anno dopo l'ultima riforma, il Consiglio Federale programma una nuova tappa : dopo aver limitato al massimo le nuove rendite, desidera rivedere le rendite già riconosciute e applicare loro gli stessi criteri delle nuove domande. Non è nemmeno certo che la manovra sia legale : in linea di principio sono necessari dei motivi di forza maggiore per rivedere una decisione secondo dei nuovi criteri. Anche i Cantoni accolgono con sospetto questa revisione, poiché temono una ricaduta dei costi. E' tuttavia probabile che la destra del Parlamento adotti questo progetto senza tanti problemi, e ciò ci porterà a ricorrere ancora una volta allo strumento del referendum.
ANDARE A CACCIA DELLO SFRUTTAMENTO INVECE DEGLI ABUSI
L'AI si trasforma quindi in un terreno di caccia agli abusi, come è successo per il diritto di asilo : le autorità hanno cominciato a spaventarsi per l'aumento delle richieste senza prendersi il tempo per esaminare il loro fondamento. In seguito l'amministrazione è stata spinta a inasprire la sua pratica, riducendo il tempo di esame delle richieste e allontanando i centri di decisione dai richiedenti.
Le successive riforme legislative hanno poi portato ad aumentare le esigenze nei confronti dei richiedenti, a diminuire le loro possibilità e ad aumentare la libertà di apprezzamento dell'amministrazione. Grazie a questo modo di agire, le statistiche si adattano alla volontà politica. La realtà delle persone si allontana dai principi della legge : come la legge sull'asilo è stata svuotata della sua sostanza, così le vittime dell'invalidità si ritrovano sempre meno protette.
E' dunque necessario ricordare prima di tutto la dimensione sociale dell'AI, che comporta vari aspetti : il primo scopo di questa assicurazione è garantire un reddito minimo alle persone che non possono più proseguire nella loro attività. Tuttavia l'invalidità colpisce in primo luogo i lavoratori manuali e senza qualifiche. I lavori di Gubéran e Usel (2000) indicano che gli operai non o solo parzialmente qualificati sono dieci volte più soggetti all'invalidità di chi esercita professioni liberali e scientifiche : il 25,4% contro il 2,1%. Il rischio segue fedelmente la graduatoria delle qualifiche :
più ci si trova in alto nelle categorie socioprofessionali meno si rischia l'invalidità. Lo studio di Gubéran e Usel permette anche di smentire i presunti abusi e di ricordare qualche realtà sanitaria. In effetti la mortalità segue il medesimo percorso secondo la categoria socioprofessionale : meno si è qualificati più si rischia di morire prima dei 65 anni. E il tasso di mortalità degli invalidi è il doppio di quello dei sani.
L'AI è dunque un sistema minimo di ridistribuzione delle ricchezze dagli alti redditi a quelli più bassi e più precari. Non è quindi sorprendente che la destra tenti di screditare e di smantellare questa assicurazione, che merita invece tutto il nostro sostegno.