mercoledì 20 marzo 2013

Cosa ce ne facciamo di un salario minimo di 3000 fr?

Il primo di aprile 2013 entreranno in vigore dei salari minimi di 3'000 fr fissati dal Consiglio di Stato ticinese in tre nuovi Contratti Normali di Lavoro. Questo tipo di contratto, come definisce il Codice delle Obbligazioni, è stabilito dal governo cantonale, se in alcuni settori la Commissione Tripartita riscontri un dumping salariale frequente.
Il Governo e la tripartita hanno ritenuto che il dumping vi sia soltanto nell'industria elettronica e nelle aziende del commercio al dettaglio che occupano meno di 10 lavoratrici e lavoratori. Per l'industria elettronica sono addirittura stati introdotti 2 contratti, entrambi prevedono salari minimi di 3'000 fr, che prima non esistevano. Questi due “nuovi” settori sono settori tecnicamente assoggettabili al Convenzione nazionale dell'industria metalmeccanica ed elettronica, che però non prevede salari minimi. Il Governo sfrutta quindi l'articolo 360a del CO che gli permette d'introdurre dei salari minimi.
L'ottenimento, anche se per via burocratica, di maggiori diritti per alcuni lavoratori è certamente un dato positivo. Anche se gli abusi vanno ben oltre i due settori citati, i lavoratori toccati beneficeranno di un lieve miglioramento delle condizioni di lavoro, per cui bisogna riconoscere il passo avanti. Come indicato anche dall'Mps il montante di 3'000 fr non è certamente soddisfacente. Anche se ci limitassimo all'obiettivo di favorire l'assunzione di lavoratori indigeni, con un salario del genere non si invoglia nessun ticinese a fare quei mestieri, per una famiglia semplicemente non basta.
Mps si lancia però in una critica approfondita alla misura sostenendo che provocherebbe un effetto boomerang, abbassando i salari più alti. Posizione difficilmente sostenibile visto che in molte fabbriche e commerci la tendenza è di non superare i 3'000 franchi, tranne dove vi è un contratto collettivo. In un partito nel quale militano numerosi ex sindacalisti, dovrebbe essere evidente che se un salario minimo più alto è fissato tramite un Ccl non è possibile applicare il salario del Cnl. Il tentativo di fare polemica degli amici trotzkysti non sfonda in sostanza perché non riescono a posizionare correttamente la decisione governativa.
Negli ultimi anni, i sindacati di sinistra più grandi, Unia e Vpod, sono interventui sempre più direttamente nelle sfere legislative e di governo accentuando le pressioni, in particolare con l'iniziativa popolare dell'USS per un salario minimo legale di 4'000.- Fr. e con la campagna per la responsabilità solidale tra le imprese. Fino a pochi anni fa, il salario minimo legale non era nemmeno preso in considerazione dai sindacati stessi, che privilegiavano la contrattazione collettiva.
Questa tendenza infastidisce l'Mps, proveniente dagli ambienti del settarismo di sinistra. Per il movimento di Sergi la politica è considerata il rapporto tra il proprio partito e le altre forze politiche di destra e di sinistra, ciò che li confina ad un gruppo di intellettuali che ha già capito tutto e diffonde il verdo tra la plebe. Sul piano sindacale hanno sempre dimostrato di essere affetti da carrierismo verso le alte sfere delle burocrazie corporatiste, con poca capacità di ascolto dei lavoratori.
I comunisti considerano invece la politica come l'emanazione ultima del conflitto di classe, dove si scontrano i rappresentanti della borghesia e i rappresentati dei lavoratori. La politica dei comunisti si orienta, non nell'interesse del partito, ma nell'interesse della classe lavoratrice e dei ceti popolari. Per noi sarà il rapporto che scaturirà tra il nostro partito e le lavoratrici e i lavoratori che renderà il partito più forte, non il suo stesso pavoneggiamento.
Sergi si pavoneggia con la retorica da vecchio sinistroide, ma senza riuscire a dare un vero contenuto alla sua critica del governo. Non constata che il principio secondo cui il salario è un tabu per lo Stato sta perdendo valore. Si tratta infatti della prima volta che nel commercio e nell'industria il governo fissa un salario minimo, anche se basso.
In particolare nelle regioni di frontiera, dove il dumping salariale si è fatto sentire soprattutto dopo l'entrata in vigore della libera circolazione, delle risposte vanno trovate. La borghesia sa che ne è a rischio la via bilaterale con l'Ue. Prossimamente si tornerà alle urne per approvarne o no l'estensione alla Croazia, il referendum dell'estrema destra è praticamente sicuro, ma questa volta potrebbe anche esserci quello della sinistra ciò che farebbe vacillare l'accordo.

L'iniziativa sul salario minimo di 4'000 fr è importante per lo sviluppo del diritto del lavoro in Svizzera e i padroni lo sanno bene. Visto lo “spettro” del salario minimo di 4'000 fr, i partiti di destra, che hanno la maggioranza in Consiglio di Stato, fanno concessioni di piccolo conto. Stanno cercando di dimostrare che il problema dei bassi salari sarà già risolto al momento in cui si andrà in votazione, un po' come quando l'iniziativa sulla cassa malati unica e sociale aveva arrestato l'aumento dei premi. Non a caso la durata dei contratti, che doveva essera limitata, sarà di soli 2 due anni e la votazione sul salario minimo a 4'000 sarà nella seconda metà del 2014.




Ticino : cantone della baldoria, ma se stessimo per affondare?

Nella piccola repubblica ticinese, gli ultimi anni sono stati quelli dello sviluppo urbano più intenso, totalmente proiettati verso Alptransit e l'aumento del traffico sul Gottardo con enormi aspettative di crescita sia economiche che demografiche. Al sud del cantone le città si sono estese fino ad inglobare tutti i paesi limitrofi, i campi sono stati occupati da industrie, magazzini e centri commerciali. La trasformazione di Lugano da borgo di pescatori e commercianti a piattaforma in lingua italiana del paradiso fiscale Svizzera, ha sbilanciato completamente gli equilibri cantonali. Lo sviluppo economico, dal dopo guerra ad oggi, ha portato ad una trasformazione del Ticino da paese agricolo a polo della finanza internazionale. Una finanza importante quanto basta per scombussolare la stabilità del piccolo cantone, portando affari molto più grandi (e loschi) di quello che il popolo ticinese aveva conosciuto. L'afflusso di calpitale internazionale sulle rive del Ceresio si trasforma spesso in capitale immobiliare, facendo esplodere la domanda di abitazioni e di conseguenza i loro prezzi.
Questo sviluppo non sarà però eterno, la speculazione è un gioco pericoloso, ed arriverà il giorno non molto lontano in cui i banchieri luganesi, troppo ingolositi, ci spingeranno in una grande crisi economica. Gli attuali ritmi di crescita del mercato immobiliare svizzero corrispondono, se prendiamo gli ultimi diceci anni, ad un aumento del 33%. I bassi tassi ipotecari e l'altissimo valore del suolo Svizzero attirano molti capitali di investitori stranieri che nei momenti di crisi dei grandi mercati finaziari statunitensi ed europei, trovano maggiori profitti e stabilità.
Il giorno però in cui il capitale internazionale sarà nuovamente in preda a degli scossoni, la possibilità di un'esplosione della bolla immobilirare sarà più che reale. La grande crisi del capitalismo, in Svizzera, arriverà quando finirà l'impennata dei prezzi delle costruzioni. Se i casi di Stati Uniti, Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna ecc. possono insegnarci qualcosa, è che la crisi immobiliare si propaga in buona parte dell'economia nazionale, con all'orizzonte nuove richieste d'aiuto alla Confederazione da parte delle banche.
Per la maggioranza della popolazione residente che ha comprato casa, la proprietà dell'abitazione è infatti ancora un miraggio. La facile concessione di crediti non significa un aumento dei proprietairi. La maggior parte dei proprietari si sono impegnati ad estinguere dei mutui decenali, con la prospettiva di una stagnazione se non una diminuzione dei salari. La risposta delle banche alla caduta dei prezzi delle abitazioni sarà l'aumento dei tassi d'interesse, mandando sul lastrico numerose famiglie. Nel nostro cantone non siamo stati capaci di frenare la sete di profitto dei finanzieri, sperando ognuno di raccimolare qualche briciola, mentre se non lotteremo uniti ci trovereno senza casa e con la natura e le eredità culturali irrimediabilmente rovinate.

Da anni la classe politica ticinese è una cerchia liberal-massone-ciellina, che fonda il proprio potere economico nelle banche luganesi, nelle crescenti industrie sparse su tutto il territorio - Mendrisiotto, Luganese, Locarnese, Bellinzonese e le Tre Valli e negli innumerevoli centri commerciali diventati mete “turistiche”. Chi fissa le regole del gioco, chi fa le scelte economiche fondamentali, chi sfrutta la maggioranza dei cittadini del cantone sono loro.
Lega dei Ticinesi di Giuliano Bignasca, movimento di estrema-destra è distruttore del dialogo democratico, dell'essere cittadino, del concetto di bene comune e della solidarietà. Il ventennio leghista ha portato ad un forte spostamento a destra di tutte le altre formazioni politiche. Buona parte del Plrt è più liberale autoritario, rispetto ai valori radicali della democrazia, l'istruzione pubblica e la laicità. Il Ppd, oggi ferro di lancio della borghesia per sonociolare il nuovo tentativo d'adesione all'Ue, si sta riscoprendo il partito conservatore come ai tempi delle amicizie con Mussolini. L'Udc sta facendo la sua entrata in scena anche in Ticino riuscendo a portare il partito di Blocher a sud della Alpi.
I borghesi hanno spinto per uno sviluppo cantonale fondato sugli elementi più reazionari del capitalismo : da un lato il traffico di denaro sporco e tutto quello che ci corre accanto (armi, droga, prostituzione, gioco d'azzardo, ecc) e dall'altro la speculazione finaziaria sulla natura e la cultura. La manna finanziaria che viviamo oggi, grazie al maledetto segreto bancario, alla posizione di transito tra Milano e il nord dell'Europa, alla libera circolazione dei capitali, delle merci e delle persone con l'Ue, ha creato un vortice speculativo totalmente estraneo al popolo ticinese.
I cittadini del nostro cantone hanno una sola grande responsabilità: quella di aver concesso alla Lega la gestione della pianificazione del territorio. Borradori, “l'amatissimo” Consigliere di Stato della Lega, è il principale responsabile della politica assurda di non pianificazione nella gestione del territorio. Grazie a quello che potrebbe essere il prossimo sindaco di Lugano, il nostro cantone ha sacrificato spazi importanti per costruire un'ammasso di palazzi e palazzoni alla rinfusa. Vecchi immobili lasciati marcire sono accostati a palazzi chic moderni, frabbriche nascono accanto a quartieri residenziali o nel bel mezzo dei campi agricoli, ville di ricchi Svizzeri o stranieri si incrostano sulle rive dei laghi e sulle colline soleggiate.
Negli ultimi mesi sono apparsi, sia a destra che ha sinistra, politici pronti ad impugnare le spade contro la malavita organizzata. Sebbene la piaga sia ormai profonda, bisogna essere chiari: in Svizzera la costituzione non punisce, ma favorisce, l'associazione a delinquere a scopo di lucro. Non si deve perdere di vista che nell'illegalità del diritto borghese, vigono ancora più selvagge le leggi di mercato e del capitale. L'interruttore del sistema rimane il potere legalmente costituito e le regole imposte dalle autorità politiche attuali compromesse con l'Ue. Il modello politico svizzero non è nient'altro che un prototipo estremamente affinato del capitalismo. Le autorità politiche svizzere sono pienamente coscienti e rivendicano il modello di sviluppo capitalista e di destra che hanno imboccato. Le stesse forze dovranno però essere pronte ad assumerne le conseguenze quando gli andrà male.

Contro il potere installatosi in Ticino, le sinistre si sono dimostrate impreparate nel costruire l'alternativa al capitalismo e alla speculazione. Rincorrendo l'unità all'inizio degli anni novanta, molti hanno seguito quel progetto politico fallimentare che ha imbrigliato il PS, nato dal progressivo avvicinamento tra PSA e PST, nelle maglie del PSS. Sotto la guida di don Manuele Bertoli, ha abbandonato lo spirito di lotta e idealismo del PSA e della presidenza Biscossa. Lo sciopero della funzione pubblica del 5 dicembre è stato il primo vero banco di prova per il nuovo PS di Saverio Lurati. La mobilitazione è riuscita, molti i giovani guidati dal Sisa, coscienti della fase storica, che hanno animato nn corteo di solidarietà accanto agli operai dei trasporti, in favore di operai e impiegati pubblici, docenti e professori, in nome della difesa della scuola e del servizio pubblico. Gli slogan del PS sono pochi e negli schemi della concertazione e la pace sociale, Lurati ha più carisma di Bertoli e questo non può che far bene al movimento popolare che riprende vigore in Ticino, ma in questa mobilitazione non si è vista nessuna rottura nel contenuto.
Il PdL, quale forza della tradizione comunista sovietica, è stato sull'orlo della sepoltura, dilaniato da lotte di piccolo conto per accaparrarsi i residuati bellici dell'Urss. Oggi la sezione ticinese del PdL, con il nome Partito Comunista, prepara la ricostruzione di un partito di classe, fedele ai principi della rivoluzione socialista e dell'internazionalismo. Questo compito è affidato a dei giovani impegnati e con ancora molta strada da compiere, forse acerbi ma sicuramente genuini.
A sinistra, chi ci sta davvero, non si può più stare a guardare, urge ricominciare a chiederci che fare e finirla di perdere tempo con tatticismi politici. La crisi mondiale del capitalismo avanza, sia in termini di fallimento economico che di tensioni militari tra grandi potenze, senza mai dimenticare l'allarme clima. Se in Svizzera, la crisi coglierà di sorpresa i lavoratori e i ceti popolari, si abbatterà ancora con maggiore violenza, col rischio di riportare grande povertà e miseria anche nel nostro ricco paese. Bisogna riportare sul territorio una lotta comune negli interessi del mondo del lavoro e dei ceti popolari, riportando la speranza di un mondo nuovo, fatto di pace, sicurezza sociale e armonia con la natura. Bisogna recupare il legame con quei proletari che non sanno nemmeno più di esserlo, coloro che non hanno più nient'altro da perdere che le catene imposte dagli imprenditori: niente risparmi, niente case, pochi miseri diritti e salari sempre più bassi.
Il Partito Comunista sta provando a tradurre nella pratica, la responsabilità storica del nome ripreso nel 2007. La priorità dei prossimi anni dovrà essere lo sviluppo del movimento operaio e popolare in Svizzera, affinché si possa contestare con forza l'attuale ordine costituzionale, repressivo e paternalista, in cui solo pochi capitalisti possono decidere della sorte di milioni di lavoratori e cittadini. Quali comunisti, bisogna pure riconoscere l'importanza fondamentale che ricoprono i lavoratori del settore produttivo. Assieme ai comunisti, la classe operaia dovrà imparare a gestire democraticamente gli stabilimenti e le vie di comunicazione assenziali alla vita in comune, senza più la vigilanza dei manager strapagati e gli azionisti oziosi.
La necessità di cambiare politica è sempre più impellente, ma quasi più nessuno ha il coraggio di proporre ai lavoratori e ai ceti popolari di lottare pensando ad un futuro migliore.