venerdì 4 giugno 2010

Cultura e contro-rivoluzione, la resistenza passa anche attraverso la liberazione dei popoli dalla propaganda al consumo.

Le crisi del capitalismo non ci sorprendono più. Noi, in quanto marxisti, conosciamo la natura del capitalismo e le crisi alle quali esso porta con regolarità. Eppure non è una crisi del capitalismo a indebolire i borghesi, al contrario spesso le crisi rafforzano la concentrazione del capitale in qualche monopolio. Negli ultimi anni si sono ripetute numerose crisi, ognuna con le sue caratteristiche proprie, nonostante il fatto che senza dubbio erano tutte crisi di sovrapproduzione. Nessuna di esse ha tuttavia portato automaticamente a un rafforzamento del proletariato nella sua lotta contro la borghe- sia. La controrivoluzione ha vinto delle battaglie sulla rivoluzione, perciò noi abbiamo il dovere di resistere e di rilanciare il movimento comunista internazionale, affinché possa intensificare i suoi colpi contro il capitale, senza timori, come ha sempre fatto in passato.
Ciò che voglio sviluppare a proposito della crisi è, a mia conoscenza, poco affrontato nelle riflessioni dei comunisti nel mondo. Voglio interessarmi all'effetto della pubblicità nel sistema di produzione. Oggi la pubblicità è diventata un fattore importante nella ripartizione dei mercati. Lenin ci ha insegnato 100 anni fa che le borghesie nazionali in eccesso di capitali sono sempre alla ricerca di nuovi mercati, all'estero con delle politiche imperialiste, ma anche nel loro territorio, con quella che chiamerò “l'innovazione nel consumo”.
Sappiamo che quando i mercati sono saturati e le possibilità di trovarne di nuovi diminuiscono, le potenze si dedicano a delle dure battaglie per rubarsi i mercati tra loro. Nel passato i conflitti interimperialisti sono giunti fino alla guerra,fortunatamente sotto questa forma essi non hanno quasi più avuto luogo dopo il massacro hitleriano. La guerra è diventata uno strumento di oppressione coloniale, almeno (dico almeno) altrettanto orribile, ma non è questo l'oggetto del mio intervento. E' della lotta tra le potenze imperialiste che mi occupo. Oggi esse si combattono – almeno per il momento - quasi soltanto sul piano politico ed economico. In questo gioco, la pubblicità e la propaganda mediatica svolgono un ruolo importante, come strumenti per la conquista dei mercati.
Dal 1973 l'Occidente capitalista è entrato in una fase di crisi di sovrapproduzione permanente, che obbliga i capitalisti a una esportazione di capitale accresciuta e a una ricerca costante di nuovi mercati. D'altro canto, la resistenza è sempre più forte nei paesi del Sud, con le lotte così ben descritte da Fidel nel suo discorso agli amici di Cuba del 1994. La libertà di manovra dell'imperialismo non ha cessato di incontrare dei movimenti di resistenza durante tutto il dopoguerra. Soltanto quando l'URSS è caduta abbiamo tremato e siamo indietreggiati, con tutti i popoli del mondo, ma non abbiamo perduto proprio tutto. Già nel 1999 il socialismo ricomincia il suo corso in Venezuela, trascinando con sé una parte importante del continente Latino Americano. Cuba, che ha resistito, si rialza come esempio per i popoli, e l'imperialismo ricomincia a tremare. Le crisi si ripetono in rapida successione, aprendo ogni volta una nuova guerra imperialista, dalla Jugoslavia all'Iraq, senza dimenticare l'Afghanistan, la Somalia, l'Honduras, e la lista è ancora lunga.
Attualmente la coordinazione dei paesi del Sud, dove il BRIC svolge il ruolo di motore nella cooperazione economica, ma non solo, dà fastidio agli imperialisti. I dirigenti del mondo devono mostrare i denti, ma sono già confrontati con i movimenti interni contro la guerra imperialista e con i difensori della pace fra i popoli. Sono anche sempre più in difficoltà a offrire una vita dignitosa ai popoli dell'Europa occidentale e dell'America del Nord. Il livello generale di educazione è costantemente in ribasso, la sicurezza sociale attaccata, la libertà di movimento e di espressione piegata agli interessi della sicurezza.
Gli imperialisti hanno allora bisogno di piegare il popolo con la propaganda mediatica e commerciale, forma di repressione mentale fondata sulla menzogna e sull'inganno. Tale campo di battaglia è eminentemente politico, è la lotta a livello della sovrastruttura, che attualmente ci vede perdenti. Il vantaggio oggi determinante, tra le mani dei capitalisti, è l'avere acquisito, come dice Gramsci, una “egemonia culturale” quasi assoluta. Agli occhi delle masse popolari, i capitalisti sono più credibili di noi. Noi non riusciamo a far conoscere le nostre idee, poiché le nostre strategie di comunicazione sono poco elaborate, in un mondo nel quale la comunicazione ha acquisito uno statuto con il quale dobbiamo fare i conti.
Se osserviamo l'evoluzione delle correnti economiche nelle più importanti scuole di economia in Occidente, constatiamo che a partire dagli anni 80 gli sviluppi delle tecniche di vendita hanno conquistato la leadership dell'economia borghese. Era necessario imparare a vendere meglio degli altri, poiché i mercati cominciavano a essere saturi. Oggi l'economia si fonda su dei “fatti” come : la redditività di un prodotto, il tasso di penetrazione di un mercato, i calcoli dei rischi, che sono i nuovi paradigmi del marketing. Il marketing è prima di tutto uno studio metodologico dell'arte di convincere qualcuno che il costo marginale, per comperare un determinato prodotto, è sufficientemente basso per comperarlo effettivamente. In altri termini, inculcare nei cittadini l'idea di spendere il loro denaro per un determinato prodotto, affinché il capitalista possa continuare a produrre e quindi a guadagnare denaro sfruttando le lavoratrici e i lavoratori.
Questo meccanismo conduce a un tale stato di alienazione collettiva che diventa necessaria una resistenza attiva contro quello che potrebbe essere definito come un fascismo mediatico del consumo. I cittadini sono socialmente obbligati a dilapidare il loro salario per dei prodotti dei quali non hanno bisogno materiale, fino al punto di trascurare la soddisfazione dei bisogni vitali.
La pubblicità è mirata a delle nicchie di popolazione definite in partenza in base al loro potenziale d'acquisto. Per esempio si può citare la propaganda su una nicchia di popolazione come l'infanzia, un'arma ignobile della borghesia contro i proletari. I pubblicitari esercitano una propaganda sui bambini tale che i genitori sono costretti a comperare loro dei bei giocattoli, talvolta e addirittura spesso di dubbio valore etico. Tutto per non apparire come dei cattivi genitori. L'egemonia culturale esercitata dalla borghesia nel nostro tempo istituisce i principi del consumo materiale come valori di definizione dei buoni genitori, mentre il tempo trascorso con i propri figli e l'
educazione che si impartisce loro passano spesso in secondo piano.
E' così che i grandi capitalisti realizzano la concentrazione del capitale. Arrivano a decidere che cosa i proletari devono comperare, cioè come devono utilizzare il loro salario. Questo rende i grandi capitalisti mille volte più competitivi, poiché li libera almeno parzialmente dalla pressione della concorrenza sui prezzi, esercitata dagli squali più piccoli. Lo sviluppo delle conoscenze attuali permette, grazie alla pubblicità, di arrivare a un circolo produttivo che obbliga i proletari a spendere il loro salario come vogliono i grandi capitalisti. Se è vero che la fase del capitalismo monopolistico di Stato ne era il preludio, oggi questo gioco è condotto dalla pubblicità, dalla moda e dalle tendenze, alienando il popolo della sua cultura storica e quindi anche nazionale.
Le nazioni diventano facili prede per quei falsi patrioti estremamente pericolosi che sono i fascisti. La destra nazionalista che aumenta sempre più in Europa è solo la lunga mano del capitalismo. I soli che possono rivendicare di essere patrioti, i veri difensori dei popoli, sono coloro che si battono contro il capitalismo transnazionale. Sono i continuatori del glorioso comunismo internazionale. Allora uno dei nostri compiti prioritari oggi, come comunisti, è quello di liberare i popoli da questa propaganda, il che significa vincere la battaglia culturale, che è parte integrante della lotta di classe.
Viva il movimento comunista internazionale Viva la solidarietà fra i popoli Viva la pace e la libertà
Leonardo Schmid, co-segretario esecutivo nazionale del Partito Svizzero del Lavoro Seminario Comunista Internazionale di Bruxelles, 14-16 maggio 2010