martedì 6 ottobre 2009

DECRESCITA, FINO A QUANDO RISCOPRIREMO L’ACQUA CALDA...

Introduzione
Mi è capitato spesso, discutendo con i difensori della decrescita di ritrovarmi a fare un intervista direttiva, che porta dritto allo sviluppo delle teorie del socialismo scientifico. È senz'altro per questo motivo che ho preso al balzo l'occasione postami da Met e stendere un documento al riguardo. Il concetto di decrescita è apparso da qualche anno e non è ancora definito unanimemente a livello scientifico-accademico. Spesso politici avventuristi se ne servono in modo populistico, senza spiegarne chiaramente le fondamenta, gli obiettivi e i metodi.
Il teorico del movimento della decrescita, Serge Latouche, si proclama un "marxista" non leninista. Non ha mai sostenuto nessuna esperienza socialista e in particolare si oppone alle tesi sull'imperialismo di Lenin. Tali posizioni rendono evidente ad ogni comunista che Latouche è un pozzo d'ignoranza in quanto a marxismo. Tuttavia, molti anche tra i comunisti si sono interessati a questo concetto, tant'è che qualcuno lo ha pure introdotto nel partito.
Ricordo che il nostro partito ha aderito a questo concetto, contro il mio parere, con la mozione del compagno Davide Rossi al XX Congresso. Mi permetto di dire che la discussione sul tema è stata molto superficiale. Con questo documento rilancio il dibattito, di modo a poter approfondire la questione e riaprire – a tempo da determinare - la discussione formale interna al partito.
Ritengo questa discussione essenziale su vari punti, sia rispetto allo sviluppo del socialismo e del movimento reale, che alle questioni chiamate “ecologiche” o “ambientali”, ossia l'idea che l'essere umano fa parte della natura. Sempre più gente si trova d'accordo con il principio che preservare la natura significa riuscire a vivere in armonia con essa. La discussione rimane però aperta su quali risposte precise bisogna dare al problema dello sfruttamento del pianeta da parte dell'essere umano. Che fare rispetto al prosciugamento delle risorse della Terra, che mette in pericolo la capacità stessa della natura a rigenerarsi?
Avere una risposta precisa ad una domanda del genere sarebbe alquanto presuntuoso. Latouche ha buttato li un'idea, ma se andiamo a studiarla da vicino, si capirà come alcune conclusioni che tira sono “accettabili”, ma non hanno nulla d'innovativo. Mentre la maggior parte sono semplicemente un ammasso confuso di concetti denaturati tra la sociologia borghese, un'economia politica molto rudimentale ed una filosofia “materialista” poco coerente.
Doverosa una contestualizzazione
Da qualche anno, tanti militanti della sinistra hanno adottato l’ideale della decrescita come nuovo obiettivo politico per le società "avanzate". Altri militanti, tra i quali qualche comunista, riprendono soltanto alcuni argomenti o frammenti della teoria della decrescita per integrarli a teorie già consolidate, tentando di rispondere in primo luogo al problema del degrado ambientale. Per quel che mi riguarda, non sono per nulla impressionato da chissà quale grande novità portata avanti dai sostenitori della teoria della decrescita.
Viviamo in un contesto estremamente difficile da oggettivare, ma è indubbio che la fase negativa, di reazione, è sempre più percepibile. La crisi profonda che tocca ormai anche i paesi a capitalismo avanzato, sia a livello economico che sociale, ambientale e culturale, è sempre più evidente agli occhi di tutti. A volte mascherata e altre volte amplificata dai media, la crisi porta ogni giorno più persone a cercare delle risposte ai grandi problemi del nostro tempo, al di fuori dei dogmi voluti dal pensiero unico, imposto dai grandi monopoli. Le risposte sono però frammentarie e imprecise, non esiste un movimento “nuovo” che sappia oggi descrivere ed interpretare esaustivamente la nostra epoca.
Quale comunista, sono assolutamente convinto che gli strumenti del marxismo-leninismo, supportati da tutte le tecniche di ricerca scientifiche e adeguati alle nuove dimensioni sociali che si sono create con lo sviluppo delle forze produttive, sono ancora oggi di gran lunga i più validi per capire il nostro mondo. Purtroppo però, lo studio del marxismo e ancora di più lo studio del leninismo e della storia del movimento comunista, stanno cadendo in disuso, anche tra molti che rivendicano l'etichetta comunista.
A sinistra sono nati tutta una serie di movimenti, che hanno preso le distanze dal movimento operaio e non riconoscono più il conflitto capitale-lavoro come la contraddizione primaria e irriducibile della società capitalista. Tra queste si è fatto strada il concetto di decrescita. La società consumistica decadente, che invade le nostre vite di pubblicità, cemento, prodotti inutili, ecc. porta molte persone ad avvicinarsi alle teorie della decrescita. Queste teorie molto superficiali, fondamentalmente si oppongono all’idea che le società occidentali abbiano ancora bisogno di crescere in termini economici e che sia necessario cambiare radicalmente il modo di consumare e di vivere.
Meno PIL per tutti! - questione economica
La prima contraddizione che si constata nella teoria della decrescita è la maniera in cui si oppongono concetti che non sono comparabili. La teoria della decrescita parte dall'idea che la crescita economica (aumento del PIL) sta distruggendo le società occidentali. Prima di tutto vorrei sottolineare come la distruzione si sia accelerata dal momento che c'è stata una "decrescita" del PIL. Nel 2009, quando in Svizzera e nella maggior parte dei paesi a capitalismo avanzato, si è toccato il picco più forte della crisi (per ora), migliaia e milioni di posti di lavoro sono andati persi, sono stati fatti tagli un po' dappertutto alle prestazioni sociali, alleggerimenti fiscali per la borghesia, aumento delle tasse indirette, ossia un impoverimento generale della popolazione e in particolare dei ceti popolari. Oso sperare che nessun sostenitore della decrescita possa approvare effetti di questo tipo. Credere che dal momento che il PIL diminuisce le cose vadano "meglio" è pura fantasia. Con i profitti che i capitalisti hanno fatto intensificando lo sfruttamento dei lavoratori, ora potranno rilanciare la crescita ancora più di prima, vedi il tasso di crescita della Germania nel 2010, che supera il 3.7%, cifre mai viste da quasi 20 anni.
Il PIL è uno strumento economico che può anche essere utile per capire come si sviluppa il commercio o la produzione in un paese e il fatto che cresca o no, non è per forza indizio di benessere per tutti.
A questo punto del ragionamento, in genere, i difensori della decrescita spesso affermano che non si tratta di una decrescita del PIL, ma una decrescita dei consumi. Ora, c'è un sacco di gente su questa terra, anche in Europa, i cui bisogni attuali non hanno risposta e quindi i loro consumi hanno bisogno di essere aumentati, questo è un punto su cui noi comunisti dobbiamo assolutamente essere coscienti e intransigenti.
Inoltre, i difensori della decrescita invalidano loro stessi il loro argomento, affermando che non si tratta di vedere cosa fa il PIL, mai di diminuire i consumi. Il problema è che se i consumi scendono anche il PIL scenderà. Ora non si tratta di diminuire i consumi, ma di cambiarli qualitativamente. Da comunisti, quando qualcuno ci propone una cosa del genere dovremmo dirgli : “ma tu hai mai sentito parlare di Karl Marx, un tedesco che ha scritto delle cose interessanti sull'economia? magari ci trovi qualche appiglio per la tua teoria”.
Tra le altre cose si potrebbe imparare che, in una società capitalista, quando i consumi diminuiscono, mentre la produzione cresce (perché nelle economia capitalista nessuno può dire al padrone di smettere a produrre, se non uno sciopero degli operai) si arriverà per forza ad una crisi di sovrapproduzione.
Tra estremismo ecologista e riformismo verde – questione politica
A livello politico, lo stato attuale della teoria della decrescita è più uno slogan che un reale strumento destinato all’analisi e alla prassi. I sostenitori della decrescita promettono un mondo incantato, fatto di pace e armonia, senza però tenere da conto che per arrivarci bisogna scontrarsi con il gran capitale. Avanzare proposte radicali, senza però tenere da conto le condizioni oggettive nelle quali certe rivendicazioni vengono avanzate, è quello che i comunisti definiscono estremismo. I comunisti ritengono che una soluzione radicale ai problemi ambientali, non possa essere sostenuta senza essere coscienti che il primo ostacolo da superare è il sistema capitalista.
Solo con il superamento del sistema di produzione ed accumulazione capitalista si potranno risolvere i problemi ecologici.
La risoluzione di un problema creato dal sistema di produzione, sostenuto dal sistema politico e ormai penetrato nel sistema culturale, lo si può combattere seriamente solamente rimettendo in discussione tutta la struttura della società capitalista, organizzando le classi subalterne, antagoniste alla borghesia monopolista, di modo a poter affrontare lo strapotere del gran capitale con i mezzi necessari per vincere la battaglia. Detto altrimenti : la dittatura del proletariato è sicuramente più sensibile ed efficace nella risoluzione dei problemi ecologici che non la dittatura dei padroni.
Vista l'impossibilità per i decrescisti di attuare il loro immaginario, quasi sempre retrocedono a rivendicazioni di stampo assolutamente riformista. Senza cercare d'incidere realmente su ciò che causa il maggior impatto ambientale : la produzione industriale e il trasporto di merci e di persone. Ad ogni modo è assolutamente fattibile sostenere proposte riformatrici in ambito ecologico, e per farlo non è assolutamente necessario sbandierare un nuovo concetto che non ci serve. Al contrario, mi pare molto più semplice rivendicare dei piani industriali che tengano conto del impatto ambientale oppure la gratuità e il potenziamento del trasporto pubblico collettivo.
Blaterare di quanto sarebbe bello... o agire – questione organizzativa
Il movimento della decrescita è quasi impercettibile, l'influenza di questo movimento è sicuramente tendenziale a zero. Se questo non invalida per forza il nucleo della teoria, mostra già i grossi limiti nel trovare sbocchi concreti per sviluppare delle lotte che favoriscano la presa di coscienza. Su questo piano organizzativo la decrescita è ferma allo spontaneismo ed al volontarismo, e non considerando minimamente la questione di classe, ne le dimensioni politiche del problema.
In effetti nonostante il sincero impegno della maggior parte delle persone impegnate nella decrescita, come comunisti dobbiamo saper analizzare con maggior profondità. Come si fa a cambiare modello di vita ad un paese intero, senza trasformare le basi materiali del sistema economico-politico-sociale?
I comunisti sono materialisti, ciò significa che non si basano su delle percezioni ideali del mondo, ma considerano le osservazioni scientifiche della materia come base di partenza. Ora, più concretamente, come può un lavoratore dipendente, quindi con pochi margini di manovra finanziari e di tempo, senza diritti democratici sul luogo di lavoro, seguire le utopie della decrescita e cambiare stile di vita? Senza liberare la maggioranza della popolazione, che subisce l'oppressione del lavoro salariato, passando quindi per il cambiamento di tutta la società nel suo insieme, per arrivare ad un sistema economico pianificato, non si potrà pretendere risolvere i problemi della società borghese decadente, tanto meno quelli ecologici.
Per i proletari, ossia la maggioranza della popolazione attiva in Svizzera, non è possibile scegliere di cambiare completamente vita. Le incertezze e le insicurezze date dalla non possessione di capitale, dalla dipendenza dal posto di lavoro, rendono molto limitate le possibilità di scelta dei lavoratori e delle lavoratrici.
L'attitudine che i comunisti devono avere verso la teoria della decrescita è una critica costruttiva, diffondendo le conoscenze del movimento comunista sui sistemi di produzione.