Noi,
firmatari di questo appello, vogliamo la pace in Siria e in Medio
Oriente. Osserviamo con preoccupazione l'intensificarsi del conflitto
siriano e il ruolo che gioca la Svizzera in questa situazione
umanitaria allarmante.
Migliaia
di siriani sono stati uccisi o sono in una situazione di terrore. La
violenza aumenta costantemente, riducendo le chanche di una
risoluzione politica e pacifica del conflitto.
Il
dialogo tra il governo, l'opposizione e la società civile è la
condizione imprescindibile per la risoluzione del conflitto. Gli
sforzi di pace della comunità internazionale, specificatamente il
piano di Kofi Annan, partivano da questa esigenza. Ma non tutti gli
sforzi sono andati in tale direzione. La fornitura di armi, il
sostegno logistico alla lotta armata e alla retorica di guerra
orchestrata dai governi occidentali, le monarchie del Golfo e il
governo turco distruggono tutte le speranze di pace.
Solo
i siriani hanno diritto di cambiare, secondo i propri desideri, la
situazione nel loro paese. Tuttavia la sovranità del popolo siriano
non viene rispettata e così facendo si infrange il diritto
internazionale. Le conseguenze sono chiare: la destabilizzazione
della Siria e di tutta la regione.
La
Svizzera e la sua industria d'armamenti sono entrambi implicati nei
conflitti che toccano il Medio Oriente. Già durante il caso libico,
il Qatar ha fornito armi svizzere ai ribelli. In seguito a un
sospensione temporanea, l'autorizzazione di esportazione d'armi verso
il Qatar fu ristabilita. Le autorità svizzere sono rimaste
soddisfatte dalla spiegazione ufficiale: l'ammissione da parte di
questo paese di aver commesso un errore. Non è sorprendente che con
tale lassismo ci ritroviamo oggi con delle granate svizzere tra le
mani dei ribelli siriani, rendendo la Svizzera complice
dell'instabilità all'interno della regione.
Allo
stesso tempo la Svizzera emana delle sanzioni nei confronti della
Siria che deteriorano ulteriormente la situazione del popolo siriano
e incoraggiano i ribelli a proseguire nella violenza. Il Dipartimento
federale degli affari esteri ha inoltre finanziato una riunione
dell'opposizione siriana destinata a preparare lo scenario nel caso
di un'eventuale destituzione del governo siriano. Il governo svizzero
calpesta così in modo eclatante la neutralità e compromette i suoi
impegni per la pace e per le soluzioni multilaterali.
L'ingerenza
negli affari interni siriani e il sostegno alle forze islamiste
radicali non sono le uniche questioni scottanti. Il pericolo di un
intervento armato straniero è reale. Il presidente francese François
Hollande parla apertamente di guerra contro la Siria. Ciò s'inscrive
nel disegno dei fautori di un intervento, che vorrebbero, attraverso
un azione militare, porre la Siria nel caos, come successo a tutti i
paesi invasi dalle forze della NATO.
Noi
ci opponiamo in modo chiaro a qualunque intervento militare in Siria.
Una guerra come quella contro la Libia non deve ripetersi. Migliaia
di persone sono morte sotto le bombe della NATO. La forza delle armi
non costruisce la democrazia, ma i cimiteri.
Noi
attendiamo la stessa posizione da parte del Consiglio Federale.
Concretamente
noi domandiamo:
1.
Di rispettare strettamente la sovranità del popolo siriano e di
trattare qualunque ingerenza negli affari interni siriani come una
violazione del diritto internazionale
2.
Di rompere le relazioni (commerciali) con i paesi che non rispettano
la sovranità della Siria e che promuovono una politica di escalation
contro questo paese
3.
Di rivedere tutta la retorica di guerra e d'intervento militare nei
confronti della Siria
4.
Di opporsi a qualunque risoluzione dell'ONU che aumenti la pressione
sulla Siria e che di fatto possa aggravare le tensioni
5.
Di sospendere le sanzioni contro il popolo siriano
6.
Di assicurarsi che lo spazio aereo e terrestre svizzero non sia
utilizzato militarmente contro la Siria
7.
Di cessare qualunque esportazione di armi
Gli
stati dell'Europa occidentale, tra cui la Svizzera, devono
contribuire a trovare una soluzione al di fuori del conflitto armato.
Per questo bisogna rinunciare all'escalation e al linguaggio
di guerra. I popoli possono spingere i loro governi a cambiare
politica, é attraverso questa prospettiva che noi proponiamo il
nostro appello per mettere fine all'ingerenza, formando un largo
movimento in favore della pace.
Nessun commento:
Posta un commento